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Cities for Life, Marazziti: “2.500 città unite contro la pena capitale”

Interris.it ha intervistato Mario Marazziti, membro della Comunità di Sant’Egidio e coordinatore della Campagna internazionale per una moratoria della pena di morte, per approfondire il tema dell’abolizione della pena capitale in occasione della giornata "Cities for Life"

La Comunità di Sant’Egidio, da oltre vent’anni, è attivamente impegnata nell’abolizione della pena di morte, uno dei temi cardine del suo lavoro a livello internazionale. Il 30 novembre – data che commemora l’abolizione della pena di morte da parte del Gran Ducato di Toscana nel 1786 – la Comunità partecipa a Cities for Life, una giornata mondiale dedicata a sensibilizzare sull’importanza di eliminare la pena capitale. L’evento, che coinvolge più di 2.500 città in tutto il mondo, promuove il messaggio che la giustizia debba tutelare la vita e non privarne nessuno. Con iniziative locali, Sant’Egidio incoraggia il dialogo tra paesi abolizionisti e non, come dimostrato nelle conferenze internazionali dei ministri della giustizia, in cui si scambiano esperienze e si costruiscono nuove alleanze per i diritti umani e la dignità umana. Sul tema, Interris.it ha intervistato il giornalista Mario Marazziti. Membro della Comunità di Sant’Egidio fin dalla sua fondazione, è il coordinatore internazionale della Campagna della Comunità di Sant’Egidio per una Moratoria universale delle esecuzioni capitali e tra i fondatori della World Coalition Against the Death Penalty.

MARIO MARAZZITI, ANDREA RICCARDI E STEFANIA GIANNINI. CREDIT: DANIELE SCUDIERI

L’intervista a Mario Marazziti

L’iniziativa “Cities for Life” ha ormai superato i vent’anni. Come è nata e qual è il suo scopo?

“Cities for Life” è nato come movimento a partire dalle città, una voce che si leva dalla società civile per chiedere l’abolizione della pena capitale. Oggi, chi vive nelle città costituisce la maggioranza della popolazione mondiale, e anche nei Paesi che mantengono la pena di morte esiste una forte opposizione da parte dei cittadini. L’obiettivo del movimento è stato proprio quello di unificare il fronte mondiale contro la pena di morte”.

Cosa è cambiato dagli esordi?

“In questi vent’anni, il panorama mondiale sulla pena di morte è cambiato radicalmente. Oggi, la maggior parte dei Paesi – circa 145 – non la applica più, e solo una ventina di Stati mantengono esecuzioni regolari ogni anno. Quando abbiamo lanciato “Cities for Life”, la situazione era diversa. Non c’era ancora stata la risoluzione ONU per una moratoria universale, e la Comunità di Sant’Egidio ha contribuito, insieme a Stati, Unione Europea e ONG, a promuovere questa svolta”.

Può parlarci dei successi ottenuti dal movimento in questi anni?

“Uno dei successi principali è stato unificare un movimento che, in origine, era diviso. Ad esempio, negli Stati Uniti si riteneva impossibile influenzare Paesi o anche Stati diversi tra loro. Con il passare del tempo, si è compreso che la moratoria è un primo passo verso l’abolizione. Nel 2007, grazie anche al contributo di Sant’Egidio e alla nascita della Coalizione Mondiale Contro la Pena di Morte (nata a Roma, proprio a Sant’Egidio), si è giunti a un risultato storico: la risoluzione ONU per la moratoria, un passo fondamentale. Oggi, con ‘Cities for Life’, siamo passati da 50 a 2.500 città coinvolte in tutto il mondo”.

Quali sono le ragioni principali, secondo Sant’Egidio, per cui la pena di morte dovrebbe essere abolita?

“La pena di morte rappresenta l’idea che lo Stato possa legittimamente privare della vita una persona. Questo va contro l’essenza stessa della giustizia, che dovrebbe essere al servizio della vita, non contro di essa. La pena capitale inoltre legittima l’idea che l’omicidio possa essere accettato, e introduce un pericoloso precedente etico, in cui lo Stato si arroga il diritto di uccidere. Infine, la pena di morte è applicata spesso con discriminazioni, colpendo le minoranze, le persone socialmente svantaggiate e gli oppositori politici. Sappiamo anche che molte esecuzioni coinvolgono innocenti. La tortura psicologica è insita nella condanna a morte: i detenuti vivono anni in attesa, temendo ogni giorno che sia l’ultimo”.

In che modo la voce di Papa Francesco ispira la vostra azione?

“Papa Francesco, come i suoi predecessori, ha espresso un giudizio inequivocabile: la pena di morte è sempre inaccettabile. Questo rafforza la difesa della vita a tutti i livelli, dall’inizio fino alla fine. La Chiesa cattolica afferma che la vita è sacra e la dignità umana non può essere violata”.

Vuole evidenziare altre importanti vittorie?

“Sì. Il movimento ‘Città per la vita’ ha dato origine a un’importante iniziativa complementare: le conferenze internazionali dei ministri della giustizia. Quest’anno a Roma partecipano ministri della giustizia e rappresentanti giudiziari di oltre 20 paesi, abolizionisti e non. Questo incontro permette ai paesi che mantengono la pena di morte di confrontarsi e ispirarsi a quelli che sono riusciti a superare le difficoltà verso l’abolizione. Tale dialogo, facilitato dalla Comunità di Sant’Egidio, ha già portato in passato a risultati concreti, come l’abolizione della pena in alcuni paesi africani”.

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