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Mediterraneo: una canzone per rendere più umano il tema della migrazione

L'intervista di Interris.it a Giorgia Gambini, presidente della Interlife Ets, autrice e voce della canzone "Mediterraneo"

“L’idea di scrivere Mediterraneo è nata dal desiderio di raccontare un tema universale: il Mediterraneo come simbolo di incontro tra culture, speranze e fragilità. Questo mare non è solo un confine geografico, ma una culla di civiltà e storie intrecciate, alcune luminose, altre profondamente dolorose. L’idea è nata dalla volontà di rendere più umano il tema della migrazione. ‘Mediterraneo’ cerca di dare voce alle esperienze reali e ai vissuti di chi attraversa il mare non per scelta, ma per necessità”. E’ quanto ha dichiarato la dottoressa Giorgia Gambini, presidente della Interlife Ets, intervistata da Interris.it. “Con la canzone, volevamo ricordare che dietro i numeri ci sono persone, e che ascoltare le loro storie ci aiuta a vederle davvero. La canzone rappresenta la missione di Interlife, riflettendo i valori di inclusività, umanità e resilienza. Scrivere Mediterraneo è stato un modo per unire musica e impegno sociale, trasformando emozioni e storie reali in un messaggio universale di speranza e connessione”.

L’intervista a Giorgia Gambini

Qual è il messaggio che Interlife Onlus vuole trasmettere con questa canzone?

“Con ‘Mediterraneo’ vogliamo spingere a una riflessione più profonda. Attraverso questa canzone, Interlife desidera sensibilizzare il pubblico sulle sfide e le fragilità di chi affronta viaggi difficili in cerca di una vita migliore, spesso segnati da sofferenze e sacrifici. Allo stesso tempo, il messaggio mira a celebrare la forza della resilienza umana e il potere della cooperazione, sottolineando che la diversità è una ricchezza e che ognuno di noi può fare la differenza. Il brano incarna i valori di Interlife: la volontà di abbattere barriere, creare opportunità e costruire un futuro in cui nessuno venga lasciato indietro. Attraverso la musica, Interlife vuole unire le persone e ispirarle a credere in un mondo più giusto e solidale”.

Spesso il migrante viene visto come una minaccia, un pericolo. Come cambiare questa mentalità?

“Per superare la percezione del migrante come ‘minaccia’, dobbiamo creare occasioni di conoscenza e dialogo. La paura e la diffidenza spesso nascono dalla disinformazione e dalla mancanza di conoscenza delle realtà che spingono le persone a migrare: conflitti, povertà, disuguaglianze e mancanza di opportunità lavorative. In più, è importante riconoscere che ogni persona ha il diritto di partire, se lo desidera, ma di farlo in sicurezza. E per chi vuole restare nella propria terra, è essenziale creare opportunità – proprio come fa Interlife con progetti che mirano a garantire una vita possibile e prospera nei paesi d’origine. I progetti di Interlife mirano, tra le altre cose, a garantire sicurezza alimentare ed economica, fornendo alle famiglie risorse utili a costruire un futuro stabile e sostenibile. Questo approccio genera un circolo virtuoso di sviluppo, come dimostrato dai nostri interventi in Africa. In definitiva, la chiave sta nel promuovere solidarietà e opportunità, dimostrando che lo sviluppo dei paesi di origine è vantaggioso non solo per quelle comunità ma per il mondo intero. Creare condizioni di vita dignitose significa costruire ponti, non muri, e contribuire a un futuro più giusto e inclusivo per tutti”.

Qual è il modello che mette in campo Interlife Onlus per aiutare chi è in difficoltà?

“Il modello di Interlife è centrato sull’autonomia. Interlife lavora per affrontare ogni causa alla radice attraverso progetti sostenibili che creano sviluppo nei paesi di origine. Tra questi spicca il progetto Impresa Interlife, che abbiamo denominato Toolkit Interlife, un innovativo programma che fornisce strumenti, formazione e risorse per avviare imprese e microimprese, favorendo l’autosufficienza economica e la creazione di posti di lavoro. Questo non solo migliora la qualità della vita delle comunità coinvolte, ma riduce anche la necessità di migrare per sopravvivere. Con il Toolkit Interlife, forniamo strumenti pratici che permettono alle persone di migliorare la propria situazione economica e sociale. Piuttosto che offrire un supporto temporaneo, il nostro modello aiuta le persone a costruire qualcosa di duraturo e replicabile, che può sostenere intere comunità”.

Pensa sia possibile cambiare il mondo e far sì che tutti vivano in una società più giusta?

“Sì, è possibile, ma richiede un impegno collettivo, perseveranza e una visione a lungo termine. Il cambiamento non avviene da un giorno all’altro, ma ogni piccolo gesto e ogni iniziativa possono contribuire a costruire un futuro più equo. Una società più giusta si fonda sull’accesso equo alle opportunità, sul rispetto dei diritti umani e sulla solidarietà. Cambiare il mondo significa ridurre le disuguaglianze, offrire istruzione e lavoro dignitoso a tutti e proteggere le persone più vulnerabili. È un compito immenso, ma non impossibile, soprattutto se governi, organizzazioni e individui collaborano. Interlife ne è un esempio concreto: i suoi progetti dimostrano che, con interventi mirati e sostenibili, è possibile migliorare la vita di intere comunità. Iniziative come il Toolkit Interlife permettono alle persone di diventare autosufficienti, creando sviluppo economico e sociale nei contesti più fragili. La strada è lunga, ma la storia ci insegna che i grandi cambiamenti iniziano da chi ha il coraggio di sognare e di agire. Con la convinzione che il bene comune sia una responsabilità condivisa, il cambiamento non solo è possibile, ma inevitabile”.

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