Il mostro è a una distanza inimmaginabile: 12,8 miliardi di anni luce da noi. Visto da qui non fa poi così paura anche se la scoperta è di quelle grosse, un buco nero ipermassiccio grande 12 miliardi di masse solari che alimenta un quasar luminoso quanto 420mila soli, il più grande e potente mai osservato. Entrambi si sono generati quando l’universo emetteva i primi vagiti, 900 milioni di anni dopo il big bang, un battito di ciglia nella storia del cosmo. L’avvistamento, che ha sorpreso la comunità scientifica, è stato realizzato combinando i dati raccolti dal telescopio da 2,4 metri di diametro Lijiang (Ljt) nello Yunnan (Cina), dal Multiple Mirror Telescope da 6,5 metri (Mmt), dal Large Binocular Telescope (Lbt) in Arizona (Usa), dal Magellan Telescope dell’Osservatorio di Las Campanas in Cile e, infine, dal telescopio Gemini North da 8,2 metri sul Mauna Kea, situato nelle Hawaii. Il tutto è stato pubblicato sulla rivista Nature, icona del mondo scientifico.
Il quasar, chiamato SDSS J0100 + 2802, si è formato in quella che viene chiamata “epoca della reionizzazione”: quando cioè la radiazione prodotta dalle prime stelle ionizzò l’idrogeno neutro che permeava l’universo, rendendolo nuovamente “trasparente” alle onde elettromagnetiche. Come tutti i suoi fratelli più piccoli si tratta di una galassia con un nucleo brillantissimo e un’intensa emissione radio. Si pensa che questi corpi rappresentino la fase iniziale della formazione di una galassia e noi le vediamo così come erano miliardi di anni fa, data la distanza siderale che la luce deve percorrere per arrivare da noi. Appaiono come una stella, con un aspetto puntiforme. Il loro nome è la crasi di quasi stellar radio source (sorgente radio quasi stellare).
Ma è il buco nero che sta interessando di più gli studiosi. “Mostruoso” è proprio l’aggettivo giusto per questo quasar da record – ha commentato Adriano Fontana dell’Inaf, responsabile del centro italiano delle osservazioni di Lbt. E pensare che finora la sua vera natura ci era sfuggita: invece di un buco nero supermassivo in piena attività, ai confini dell’universo, pensavamo che SDSS J0100 + 2802 fosse una stella alquanto vicina a noi. Ora però che sappiamo chi sia veramente, quanto smisurata sia la sua massa e la sua distanza, la sfida che abbiamo di fronte è spiegare come sia possibile trovare un oggetto tanto massiccio in un’epoca così remota. Visto che i buchi neri accrescono la propria massa attirando la materia attorno a loro, SDSS J0100 + 2802 deve infatti avere divorato l’equivalente della Grande Nube di Magellano, una galassia nana compagna della Via Lattea, in appena qualche centinaio di milioni di anni! Le prossime indagini già in programma, che coinvolgeranno anche i telescopi spaziali Hubble e Chandra, potranno aiutarci a capire meglio la natura e la storia di questo mostro cosmico”.