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Ayala: “L’arresto di Salvatore Riina ha rappresentato un successo dello Stato”

Trentadue anni fa l'arresto di Salvatore Riina. Interris.it ha intervistato il dottor Giuseppe Ayala, magistrato da sempre in prima linea nella lotta alla mafia

Trentadue anni fa a Palermo, alle ore 9,30 del 15 gennaio 1993, in piazzale Kennedy, sei auto ne circondarono una, ne scesero quattro carabinieri, guidati dall’allora capitano Sergio De Caprio, conosciuto anche come “Capitano Ultimo” che corsero verso gli sportelli di una piccola utilitaria incastrata nel traffico. Da un lato ne fecero uscire il guidatore, un “soldato di mafia”. E dal lato passeggeri Salvatore Riina, conosciuto anche come “il capo dei capi” che, attraverso diversi omicidi efferati, vinse la guerra di mafia degli Anni Ottanta e che sei mesi prima ordinò le stragi di Capaci e di via D’Amelio, in cui furono uccisi i valorosi magistrati Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e le loro scorte. Interris.it ha intervistato il dottor Giuseppe Ayala, magistrato e collega di Falcone e Borsellino, da sempre in prima linea nella lotta alla mafia.

Il dottor Giuseppe Ayala @ Cuccuru (imagoeconomica)

L’intervista

Dottor Ayala, cos’ha significato l’arresto di Salvatore Riina?

“Quel momento ha rappresentato un successo dello Stato, che ha posto fine alla lunga latitanza di Salvatore Riina. Nel mio lavoro mi sono occupato molto di lui e, nel corso del maxiprocesso di Palermo, ho chiesto e ottenuto, per la prima volta, la sua condanna all’ergastolo. Egli, attraverso le carte processuali, mi era molto ben noto e speravo che, prima o dopo, lo si potesse catturare. Ciò è accaduto il 15 gennaio 1993.”

Com’è cambiato oggi il fenomeno mafioso dopo la cattura di Salvatore Riina e quella di Matteo Messina Denaro?

“C’è un dato oggettivo che va messo in evidenza, ovvero l’abbandono della strategia stragista da parte di Cosa Nostra. Molti magistrati, membri delle forze dell’ordine ed esponenti della società civile sono stati uccisi per mano della mafia. Tutto ciò, è avvenuto per un quindicennio, ovvero dalla fine degli anni ’70 fino alle stragi del 1992 – 93. Ciò era un fatto inedito ed è stato messo in atto proprio dai ‘corleonesi’ e da Salvatore Riina. Da 32 anni, il metodo stragista, è stato abbandonato ma, questo, non deve indurre a ritenere la mafia indebolita o addirittura scomparsa. C’è stato un cambio di strategia ma occorre tenere gli occhi bene aperti nel perseguire gli appartenenti a Cosa Nostra. Non uccidendo o aggredendo militarmente i rappresentanti e le istituzioni dello Stato, i riflettori si sono spenti e, tale fenomeno, è tornato a quella che ho definito ‘clandestinizzazione’, cercando di comparire il meno possibile. Questo non deve indebolire la risposta delle istituzioni, ma non ho segnali in questo senso e sono ottimista in riguardo al lavoro dei giovani magistrati che sono subentrati a noi. Essi sono impegnatissimi e ottengono dei risultati notevoli che sono sotto gli occhi di tutti. Bisogna stare però molto attenti a non abbassare la guardia.”

Lei è impegnato in prima linea per svolgere un’opera educativa nei confronti dei più giovani al fine si trasmettere loro la cultura della legalità. Che importanza riveste questo oggi?

“L’educazione alla legalità dei giovani è un aspetto fondamentale in cui credo moltissimo. Il contrasto ai fenomeni come ‘Cosa Nostra’ deve avvenire sia sul piano repressivo, come ha fatto e sta facendo lo Stato, ma anche sul fronte della prevenzione, ovvero attraverso la formazione al rispetto delle regole: la legalità è un patrimonio da difendere e trasmettere. In qualità di vicepresidente della Fondazione Falcone incontro spesso i giovani nelle scuole nonché nelle università e mi sono inventato lo slogan ‘la legalità conviene’. La stessa non è solamente un’importantissima scelta etica, ma anche di carattere economico e sociale. L’evasione fiscale, ad esempio, in questo Paese, sottrae ogni anno decine di miliardi di euro ma, se tutti pagassimo le tasse, il carico fiscale sarebbe inferiore e ci sarebbero più risorse da investire in altri settori fondamentali, come ad esempio la sanità e il welfare. Questo potrà darci un Paese migliore.”

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