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La Grande settimana, cuore dell’anno liturgico

“Il mistero pasquale è, nella sua celebrazione liturgica, concentratissimo. Ricordo con nostalgia i tempi in cui ero studente universitario: allora mi era consentito, durante i giorni della Settimana Santa, sospendere ogni altra occupazione e dedicare tutto il tempo non occupato dai riti all’esercizio della meditazione e della preghiera”. Faccio mie, con tutto il cuore, queste parole di Giuseppe Angelini, perché esprimono bene il desiderio che anche quest’anno mi abita: il desiderio di sostare, raccolto, in silenzio e in ascolto. Vorrei avere occhi soltanto per Cristo!

Perché la Grande Settimana, con il suo culmine nel Triduo pasquale, è davvero, per i discepoli di Gesù, il cuore dell’anno liturgico, e finalmente, giunti a Gerusalemme, possiamo sostare; vivere, forse, è proprio questo: salire a Gerusalemme, e far Pasqua con Gesù. Morire e risorgere con Lui (cfr. Rom 6,1-11), fare memoria grata del nostro Battesimo e finalmente celebrare l’Eucaristia… Perché “il nostro primo incontro con la sua Pasqua è l’evento che segna la vita di tutti noi credenti in Cristo: il nostro Battesimo. Non è un’adesione mentale al suo pensiero o la sottoscrizione di un codice di comportamento da Lui imposto: è l’immersione nella sua passione, morte, risurrezione e ascensione” (Francesco, Desiderio desideravi, n. 12).

Si tratta allora di ritrovare la gioia e lo stupore: “la meraviglia per il fatto che il piano salvifico di Dio ci è stato rivelato nella Pasqua di Gesù” (DD, n. 25). E questo ci chiede di orientare lo sguardo e il cuore verso i Luoghi della rivelazione: il cenacolo, la via dolorosa, il calvario, e anche il sepolcro, che scopriremo, all’alba di Pasqua, essere in realtà il grembo della Risurrezione.

Ma non si possono saltare i giorni. Perché i primi giorni della Grande Settimana sono “un esercizio di cristianesimo” e ci chiedono di abitare i contrasti decisivi: il profumo di Betania e l’odore acro del tradimento, la luce e il buio, le aspettative troppo umane di Giuda e il gesto del discepolo amato, che pone il capo sul petto di Gesù… Sono anche i giorni che ci invitano ad “identificarci” con chi ha incontrato Gesù nella sua Passione: le donne e Simone di Cirene, Pilato e i discepoli in fuga, il centurione di Roma e il santo teologo…Per questo, il grande racconto della Passione, che viene proclamato la domenica delle Palme, è davvero la porta d’ingresso, che ci consentirà di essere presenti, meravigliati, alle celebrazioni del Triduo pasquale.

Con la celebrazione della Messa in Coena Domini entreremo nel cenacolo, e contempleremo gli unici due gesti liturgici compiuti da Gesù: la lavanda dei piedi e la fractio panis. Siamo davvero al cuore del mistero, perché Gesù, quella sera, “avendo amato i suoi che erano nel mondo, lì amò fino alla fine” (Gv 13,1), e concluderà la sua grande preghiera dicendo al Padre le parole definitive: “ho fatto loro conoscere il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro” (Gv 17,26). Pronto ormai per l’ultima parola, quella della Croce: “è compiuto!” (Gv 19,30).

Ai discepoli di allora e di oggi, Gesù – prima di uscire al di là del Cedron e di salire sulla Croce – consegna il comandamento nuovo: “che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici” (Gv 15,12-13). Il comandamento nuovo: la sola parola capace di sconfiggere per sempre la morte. Parola a noi consegnata, ma da noi non praticata, come la guerra documenta nel modo più emblematico.

Parola, però, la cui verità ci sarà rivelata il mattino di Pasqua, quando vedremo con gli occhi della fede che la vita pienamente donata nell’amore è più forte di ogni morte e di ogni ingiustizia. Il mattino di Pasqua saremo, per pura grazia come il discepolo amato, che “vide e credette” (Gv 20,8); come Maria di Magdala, che lo riconobbe: “Rabbunì” (Gv 20,16). E allora sarà Pasqua anche per noi, e scopriremo che la Risurrezione non è un concetto o “il ricordo del ricordo di altri”, e ci verrà data la possibilità di un incontro. Perché “la fede cristiana o è incontro con Lui vivo o non è” (DD, n.10). E sarà gioia!

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