Novantasei bambini morti e 223 feriti in una settimana. Il dramma si consuma ogni giorno ad Aleppo est dopo la ripresa dei combattimenti in tutta la Siria. La denuncia è arrivata da Justin Forsyth, vice direttore generale dell’Unicef. Ma gli appelli delle organizzazioni umanitarie, cui si è associato quello del Papa, sembrano cadere nel vuoto con le crescenti tensioni tra Russia e Stati Uniti.
Il segretario di Stato Usa, John Kerry, ha avvertito che Washington è “sul punto di sospendere la discussione perché è irrazionale nel contesto del bombardamento in atto”. L’America chiede lo “stop alle bombe” ed è pronta a interrompere i contatti con Mosca. In precedenza il vice ministro degli Esteri russo Serghiei Riabkov aveva parlato di “un sostegno di fatto ai terroristi da parte dell’attuale amministrazione Usa”. Il commento si riferiva alle parole del portavoce del Dipartimento di Stato Usa, John Kirby, secondo cui “i gruppi estremisti continueranno a sfruttare i vuoti che ci sono lì in Siria per espandere le loro operazioni, che potrebbero includere attacchi contro gli interessi russi, e forse persino contro città russe”.
Per i russi il punto su cui gli Stati Uniti continuano a svicolare è la separazione dei gruppi ribelli da loro sostenuti, ad Aleppo e in altre province, dai qaedisti del Fronte Fatah ash Sham (ex Al Nusra), che dovrebbero essere bombardati alla stessa stregua dell’Isis. In assenza di questa decisione, fa sapere Mosca, una nuova tregua di altri sette giorni è “inaccettabile”, perché darebbe ai “terroristi” la possibilità di riorganizzarsi. La Russia propone invece cessate il fuoco più brevi di 48 ore ciascuno, e intanto ribadisce il suo impegno aereo al fianco dell’aviazione di Damasco, proprio per colpire i “terroristi”.
Certo, “non si può immaginare che questi bambini fossero tutti terroristi!”, ha commentato con amara ironia l’inviato speciale dell’Onu per la Siria, Staffan de Mistura, in merito ai piccoli uccisi negli ultimi giorni ad Aleppo, dopo aver partecipato all’udienza papale in Vaticano. E Andrea Iacomini, portavoce dell’Unicef per l’Italia, sottolinea che le Nazioni Unite hanno smesso di contare i bambini uccisi nel 2013, quando erano circa 11mila.