“Non ho niente contro la Spagna, non è il mio caso, ma un indipendentista può giocare in Nazionale”. A parlare dal ritiro della “Roja” è Gerard Piqué, difensore del Barcellona, di recente al centro delle polemiche a causa delle sue dichiarazioni sull'indipendenza della Catalogna. In conferenza stampa fa notare la sua fedeltà alle “furie rosse”: “E' assurdo mettere in dubbio il mio impegno in Nazionale. Sono qui da 15 anni, considero questa squadra come la mia famiglia. Sono orgoglioso di essere nella selezione spagnola, i dubbi nei miei riguardi mi fanno male”.
Cittadino del mondo
Piquè è convinto di una cosa: “Non lascio la Nazionale. Farlo significherebbe dare ragione a chi mi fischia, non gliela darò vinta”. E alla domanda: “E' indipendentista?”, il difensore del Barça risponde: “Questa è una domanda da milioni di dollari alla quale non risponderò. Sono cittadino del mondo e gioco al calcio. I miei figli sono colombiani, libanesi e catalani”.
Calcio e politica
“Siamo giocatori e siamo persone – aggiunge -. Alcuni giocatori non vogliono parlare di politica. Ci sono persone che mi consigliano di non parlarne più, ma ho solo espresso la mia opinione, non sono mai stato da nessuna parte”. Piquè racconta poi come ha vissuto le critiche e le polemiche all'indomani delle sue frasi sul referendum: “E' stato difficile. Non piace a nessuno ricevere fischi e insulti. Indipendentemente dal mio pensiero, con rispetto e coerenza si può trovare una soluzione”. Poi la stoccata a Sergio Ramos: “Un indipendentista può giocare in nazionale perché non c'è una selezione catalana. Nessuno è contro la Spagna o pensa che la Spagna sia il nemico. Perché un indipendentista non potrebbe giocare con la Spagna? Siamo tutti uguali, vogliamo tutti giocare e vincere”. E così conclude: “La Spagna e la Catalogna sono come padre e figlio, dove il figlio a 18 anni chiede di andare via di casa; bisogna dialogare. La cosa più importante sono il rispetto e il dialogo“.