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Il flop russo del calcio d'Africa

Diciamolo subito: finora non è mai stata la regola del fair play (intesa come la somma dei cartellini ricevuti) a decidere un'eliminazione dalla fase a gironi di un Mondiale. Nel Gruppo H, a parità di punti, a rimetterci è stato il Senegal, più “cattivo”, sportivamente parlando, del Giappone che, in virtù del nuovo regolamento, avanza agli ottavi di finale. Ancora più amara, dunque, l'eliminazione della quinta africana su cinque dalla rassegna di Russia, arrivata a capitalizzare un torneo che, per le nazionali del continente nero, ha significato l'ennesimo flop. Egitto, Marocco, Nigeria, Senegal e Tunisia, in rigoroso ordine alfabetico: il talento, a ben vedere, c'era in ognuna di loro e la grinta anche, pur se mostrata a correnti alterne. E allora cos'è mancato? Qual è, ormai da decenni a questa parte, il difetto cronico delle squadre africane? Scarsa organizzazione forse, ma va anche detto che, ormai, molti calciatori africani giocano in Europa e buona parte di loro anche a ottimi livelli. Una scarsa propensione ai grandi eventi magari che, anche quando i favori del pronostico non le condannano immediatamente, porta queste nazionali a mancare in questi appuntamenti.

Trend negativo

Difficile stabilire eventuali motivazioni: fatto sta che, praticamente da sempre, il calcio africano fallisce l'appello Mondiale e torna a casa dopo aver regalato alla manifestazione i solito scenario di colori meravigliosi sugli spalti ma anche l'amaro in bocca per quello che poteva essere e non è stato. A conti fatti, il miglior risultato ottenuto dall'Africa alla massima competizione calcistica internazionale sono stati i quarti di finale ottenuti dal Camerun a Usa '94, dal Senegal a Corea e Giappone 2002 e dal Ghana a Sudafrica 2010. In tutte e tre le circostanze, sulla panchina sedeva un allenatore europeo. Nemmeno l'occasione del Mondiale di casa è bastata a permettere a una squadra del Continente nero di arrivare almeno fra le prime quattro. Un trend poco invidiabile, considerando che a giocarsi l'accesso in finale sono giunte, negli anni, squadre di certo non più blasonate delle africane, come la Turchia, la Corea del Sud e la Bulgaria, solo per citarne alcune.

Confronti

Eppure, tradizionalmente, il talento non manca alle cinque d'Africa: Camerun, Ghana, Costa d'Avorio e Nigeria, le quattro storicamente più forti, hanno annoverato nelle loro file campioni come Eto'o, Essien (ci sarebbe pure Abedì Pelé ma un mondiale non lo ha mai giocato), Drogba e Okocha, arrivando a presentarsi al Mondiale, nei periodi migliori, con rose ben più che valide, puntualmente insufficienti però a reggere il confronto con le europee e le sudamericane. Negli ultimi anni, a fare rumore, a dispetto di un gruppo apparentemente competitivo, è stato soprattutto il flop degli ivoriani, anche sfortunati nel capitare in gironi che, fra le edizioni del 2006, 2010 e 2014, li hanno messi di fronte a squadre come Argentina, Paesi Bassi, Portogallo, Brasile e Colombia.

Adeguamento non sufficiente

In quest'edizione, così come in quella brasiliana, si è capito abbastanza chiaramente che, in qualche modo, i calciatori africani hanno iniziato a incarnare meglio lo spirito del calcio moderno: più ordinati tatticamente, meno fisici e più tecnici. Un assaggio di tale cambiamento era stato portato dall'Algeria, storicamente una nazionale di discreta tecnica, capace di arrivare (come la Nigeria) agli ottavi a Brasile 2014 dove, con molta fatica, era stata eliminata dai futuri campioni del mondo della Germania. Anche per questo il fallimento di Russia assume toni maggiori, perché rende vane tutte le promesse di 4 anni fa. Difficile capire perché… Malissimo l'Egitto di Salah, pure inserito in un girone perlomeno abbordabile; male anche il Marocco dei vari Amrabat, Ziyech e Benatia, finito k.o. anche con l'Iran; volenterosa ma comunque la più debole del quintetto la Tunisia, pur brava a mettere in difficoltà l'Inghilterra; e poi le due subsahariane, Nigeria e Senegal, estromesse nonostante due gruppi di buon impasto tecnico e illuse da un gioco discreto ma, al momento decisivo, latente. Ed è un peccato perché, almeno sulla carta, le possibilità per portare avanti quantomeno di un turno il vessillo d'Africa stavolta sembravano esserci. Appuntamento rimandato. Di nuovo.

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