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Zita e Marta, le sante del focolare domestico

Protettrici delle casalinghe e della vita attiva, entrambe furono esempio di dedizione al lavoro "non appariscente, umile e perciò eroico

La permanenza forzata nelle nostre abitazioni a causa della grave epidemia in corso forse sta rendendo qualcuno più consapevole della mole di faccende da sbrigare all’interno delle mura domestiche. In genere è il gentil sesso ad occuparsi degli innumerevoli impegni e incombenze relative alla gestione della casa e dei figli. A tale proposito ricordiamo oggi due donne salite all’onore degli altari, sicuri che il loro esempio possa essere di stimolo nel cammino di conversione di ogni cristiano. Ci riferiamo a Santa Zita e Santa Marta. La prima è vissuta nel XIII secolo a Lucca, la seconda è la contemporanea di Gesù narrata nei Vangeli. Entrambe sono venerate dalla Chiesa come protettrici di casalinghe e collaboratrici familiari.

Santa Zita

Santa Zita nasce poverissima e nella prima infanzia soffre la fame durante la grave carestia del 1226, come attestato nel 1989 da uno studio paleopatologico che evidenzia sui suoi resti almeno due periodi di malnutrizione, rispettivamente all’età di 7 e 9 anni. A 12 anni inizia a prestare servizio presso una ricca famiglia toscana, i Fatinelli. I primi anni di lavoro sono molto duri soprattutto per le prepotenze che subisce dagli altri domestici. Ma l’animo mite e docile di Zita, la sua propensione a rispondere sempre col sorriso dinanzi alle avversità e la carità con la quale si prodiga per i poveri, le fanno guadagnare la stima e la fiducia dei Fatinelli che le affidano la direzione della casa. Verso gli indigenti è pronta anche a privarsi del poco che ha pur di soccorrerli. Fin da bambina si dà una regola di condotta religiosa chiedendosi semplicemente: “Questo piace al Signore? Questo dispiace a Gesù?”. Inoltre, ogni mattina, con il permesso della signora per la quale lavora, si reca in chiesa, mentre tutti gli altri ancora dormono.

La tradizione le attribuisce un miracolo quand’è ancora in vita. Un giorno il capo famiglia, dietro la malevola insinuazione di un’altra domestica, sospettando che Zita rubi in casa per donare ai poveri, le chiede di mostrare il contenuto del grembiule ricolmo di pane che la santa sta portando ad alcuni bisognosi. Zita apre il grembiule ma, al suo interno, al posto del cibo compaiono solo “fiori e fronde” che cadono a terra allontanando così ogni sospetto. La protettrice delle casalinghe è il tipico esempio di chi vive il Vangelo coerentemente, nella semplicità e nella ferialità. Eppure, come affermato da Giovanni Paolo II in un discorso rivolto alle colf, è proprio un tale impegno a fare la differenza: “Il lavoro nascosto, e pur necessario e indispensabile; il lavoro sacrificato e non appariscente, che non gode applausi e talvolta non ha neppure riconoscimento e riconoscenza; il lavoro umile, ripetuto, monotono e perciò eroico di una schiera innumerevole di madri e di giovani donne, che con la loro fatica quotidiana contribuiscono al bilancio economico di tante famiglie e risolvono tante situazioni difficili e precarie, aiutando i genitori lontani o i fratelli bisognosi”.

Santa Marta

La seconda santa a cui abbiamo accennato, Marta, dalla descrizione che giunge dagli evangelisti ha il carisma dell’ospitalità. Sorella di Maria e di Lazzaro di Betania, la troviamo affaccendata intorno a Gesù, “distolta per i molti servizi”, e anche un po’ infastidita del fatto che Maria non l’aiuti rimanendo ad ascoltare il Signore seduta ai suoi piedi. La ricordiamo perché il Maestro le risponde: “Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una sola cosa c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta”. Il Figlio di Dio con queste parole vuole farle comprendere che la laboriosità non deve impedire di trascurare la vita interiore, il nutrimento dello spirito, l’ascolto della Parola di Dio. Ma Marta è anche colei che, nel miracolo della resurrezione di Lazzaro, ci ha lasciato una grande testimonianza di sollecitudine (“Come udì che veniva Gesù, gli andò incontro”) e di speranza e fiducia “umana” (“Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà”), oltre che un’autentica professione di fede (“Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo”).

La leggenda narra che, dopo le prime persecuzioni dei cristiani, Marta, Maria, Lazzaro e anche altri discepoli che seguivano Gesù, abbiano lasciato la loro terra raggiungendo Saintes-Maries-de-la-Mer, in Provenza, dove avrebbero portato il credo cristiano. A Betania, invece, oggi chiamata El-Azariyeh (letteralmente “il luogo di Lazzaro”), è presente ancora il sepolcro di colui che fu risuscitato dal Messia e un santuario costruito su alcuni resti bizantini e crociati che a loro volta nascondono luoghi preesistenti. Probabilmente proprio in questo sito si trovava la casa di Marta, la santa che, vedendo con i suoi occhi il Salvatore, avvicina al Padre Celeste gli uomini e le donne di ogni tempo che lo cercano con cuore sincero.

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