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Dieci punti per imparare ad essere docili

Docilità s. f. [dal lat. docilĭtas -atis]. – L’esser docile, disposizione ad apprendere, a lasciarsi guidare, e anche a piegarsi, a cedere: mostrare d.; d. di mente, d’ingegno; d. di un animale, di un metallo, ecc. Egli dunque pregò Dio di concedergli “un cuore docile”. Che cosa significa questa espressione? Sappiamo che il “cuore” nella Bibbia non indica solo una parte del corpo, ma il centro della persona, la sede delle sue intenzioni e dei suoi giudizi. Potremmo dire: la coscienza.

“Cuore docile” allora significa una coscienza che sa ascoltare, che è sensibile alla voce della verità, e per questo è capace di discernere il bene dal male. (papa Benedetto XVI) Chi non è docile, mette prima il proprio interesse al posto della giustizia; da questo proprio interesse che non tiene conto della giustizia, nascono tutte le guerre in famiglia, nelle comunità, nella Chiesa, nella società. (Don Oreste Benzi, servo di Dio)

La persona docibilis è colui che è libera di continuare ad imparare per tutta la vita e da ogni persona e circostanza, capace di tener duro nelle decisioni anche complesse per confermare la scelta fatta un tempo, intelligente quanto basta per interpretare le difficoltà e crisi come momenti provvidenziali di crescita, desideroso di camminare verso la novità che la vita propone ogni giorno, a ogni età, in qualsiasi situazione, con qualsiasi persona.(Cfr. A. CENCINI, L’Ora di Dio, La Crisi nella Vita Credente, Bologna, EDB, 2010).

La docilità è quell’atteggiamento del cuore, della mente e della volontà che ci fa spezzare il muro della superbia e la roccia della ragione, “piegando” l’orecchio del cuore alla volontà di Dio. La docilità è l’atteggiamento del discepolo, dell’alunno, del paziente e di colui che ha sete infinita d’imparare. Mai sentirsi arrivati oppure credere di sapere tutto, ma come diceva un proverbio antico: “La vecchietta non voleva mai morire, perché doveva sempre imparare”.

Una persona non farà grandi passi umani e spirituali se non è docile. Bisogna crocifiggere ogni giorno sulla croce la propria ribellione personale e la propria rivoluzione di cambiare gli altri, ed arrendersi, senza resistenze, all’Amore incondizionato di Dio. Siamo tutti ribelli dalla nascita, San Francesco era un ribelle, gli artisti e i poeti sono ribelli, ma la ribellione è una fase vitale che dobbiamo trasformare in docilità. E‘ fondamentale convertire la ribellione che è un’altro modo di dire a Dio e agli altri: amatemi, in docilità che è l’atteggiamento di ricevere istruzione, amore e consiglio dagli altri. Perché non siamo docili? Gli ostacoli sono la ribellione e l’autonomia assoluta.

La ribellione è una forza di vitale, ma nello stesso tempo ci impedisce di camminare in umiltà e in obbedienza alla voce del Signore. L’autonomia assoluta è l’illusione di non dipendere da nessuno e fare tutto da soli. Diceva il grande santo monaco san Bernardo: “Chi è guidato da solo è guidato da un pazzo” e la Scrittura ci dice: “Guai a chi è solo”. La solitudine non abitata da Dio e non vissuta bene, porta al peccato, alla cattiveria e al disordine morale e spirituale. La docilità è una virtù che va conquistata, giorno per giorno, non è scontata o acquisita naturalmente. Essere docile è un cammino di umiltà, di “plasmazione” dello Spirito Santo in noi. Siamo come dei vasi, modellati dal Vasaio-Dio, che con le sue mani ci trasforma, ci cambia per essere miti e umili di cuore. Siamo come dei vasi, che svuotati di superbia e di orgoglio, si riempiono di Dio.

Come possiamo essere docili?

1. Ascoltando profondamente noi stessi e obbedendo allo Spirito Santo che è dentro di noi.
2. Ascoltando e obbedendo all’accompagnatore spirituale.
3. Ascoltando tutti, parla Dio parla in tutti, ed essere disposti a ricevere “lezioni di vita” da ogni persona.
4. Essere disponibili, dire nel cuore: “Eccomi” come la Vergine Maria.
5. Mettere da parte la ribellione, la caparbietà, l’idea personale per i beni maggiori che sono Dio e gli altri.
6. Attenzione all’indurimento del cuore e alla testardaggine che impediscono di essere docili, ma “imparare ad imparare”, lasciandosi insegnare continuamente dallo Spirito Santo che è la via, la verità e la vita.
7. L’instabilità è un segno di immaturità umana e spirituale. Non ci possiamo entusiasmare all’inizio e poi abbandonare ciò che abbiamo intrapreso, ma dobbiamo provare una pace profonda e una gioia vera dentro di noi, questo è il criterio per fare un buon discernimento.
8. Le seduzioni del demonio contro la docilità sono tante: la seduzione intellettuale e morale, la manipolazione di qualcuno (magari anche vestito di sacro), l’illusione di percorrere un cammino sicuro e certo, il bastare a se stessi, la superbia spirituale, la falsa libertà di essere indipendenti ed autonomi.
9. Imparare ad imparare, per disimparare per imparare. Ogni giorno è il primo giorno di scuola e pensare sempre che la laurea della vita si riceve un’ora dopo la morte. Essere “insaziabili” nell’apprendere sempre dalle persone, dalle circostanze e dagli avvenimenti. 10. Se non sei docile, non permetti a Dio di entrare totalmente nella tua vita. Arrendersi, abbandonarsi e perdersi nel Suo immenso Amore. Essere docili non significa essere passivi, incapaci e stupidi, ma attuare concretamente nella propria vita il sogno e la missione che Dio ci ha affidati su questa terra. (tratto dal libro: “LA TARTARUGA ARRIVA PRIMA. Manuale di sopravvivenza spirituale” Ed. Insieme, Emiliano Antenucci)

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