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Beata Elisabetta Vendramini: ecco perché non esistono le sue reliquie

Beata Elisabetta Vendramini, Fondatrice delle Suore Terziarie Francescane Elisabettine Bassano del Grappa (Vicenza), 9/04/1790 – Padova, 2/04/1860. Nasce in una famiglia benestante. Studia presso le Suore Agostiniane.

Avvenimenti

• All’età di 30 anni entra come insegnante in un orfanotrofio delle Terziarie Francescane: ne esce dopo sette anni a causa delle continue umiliazioni inflittele dalla superiora. Nel 1827 si trasferisce all’Istituto degli Esposti di Padova che accoglie fanciulli abbandonati.

• Nel 1828 a Padova, con l’aiuto di don Luigi Maran suo direttore spirituale, fonda la Congregazione delle Suore Terziarie Francescane Elisabettine in una fatiscente soffitta che definisce “splendida reggia della santa povertà”.

• Le suore elisabettine (in onore di santa Elisabetta d’Ungheria) nascono come educatrici (aprono asili e scuole) ma agiscono in ogni situazione di sofferenza (assistono malati, emarginati, vecchi).

• Nel 1833 le prime quindici suore, riunite nel primo capitolo, nominano Elisabetta superiora generale: viene periodicamente rieletta fino alla morte. Si dedica totalmente alla formazione delle suore, che spinge a una profonda pieta e a un’eroica carità.
• Anche negli ultimi anni della sua vita, nonostante le precarie condizioni fisiche e le gravi infermità visita costantemente le sue Fondazioni caritative e guida con saggezza e santità la sua Congregazione.

Aneddoti

A 22 anni si innamora di un ragazzo di Ferrara, poco prima di sposarsi tronca il fidanzamento perché avverte una forte voce interiore che la invita a consacrarsi totalmente al Signore.
• Anche stando sulla sedie a rotelle riesce a trasmettere energia e coraggio alle sue suore.

Personalità

Intuitiva, saggia e prudente. Forte e decisa, ma nello stesso tempo dolce e materna. Molto severa ed esigente con se stessa e comprensiva con gli altri. Giusta e imparziale nelle necessarie correzioni nei confronti delle sue suore.

Spiritualità

Prega continuamente. Osserva perfettamente la Regola. Sceglie i lavori più umili. Ama le mortificazioni e le penitenze. Ha immensa carità verso i poveri e gli orfani. Proprio perché vede Gesù nei malati, riesce a trattarli con un amore sconfinato (soprattutto e sono ingrati, sgradevoli e ripugnanti). Sopporta, profondamente unita al Signore, prove morali, incomprensioni e aridità spirituali. «Religiosa di raffinata sensibilità contemplativa a Beata si perdeva nella meditazione del mistero della Santissima Trinità, cogliendone il dinamismo dell’ incarnazione del Verbo, per arrivare quindi, alla lode e all’ammirazione del Cristo povero e crocifisso, che riconosceva e serviva, poi, nei poveri tanto amati» (san Giovanni Paolo II).

Pensieri e insegnamenti

«Amore, si amore mi possieda, mi faccia operare, mi getto come vento per il mondo tutto, anime salvare io bramo».

«lo voglio amare il mio Dio perdutamente, indicibilmente. Operativo amore è quello che chiedo, e questo solo per Iddio, non per i suoi beni».

Morte

Una patologia oculare progressiva le rende impossibile la lettura e la scrittura; nell’ultimo anno di vita l’artrite deformante la immobilizza a letto. Viene visitata dalle suore, che desiderano raccogliere i suoi ultimi insegnamenti. Muore a Padova all’alba del Lunedi Santo per una cardiopatia. Dopo aver pronunciato: «Gesù, Maria e Giuseppe», esclama: «Ho visto di passaggio la sacra famiglia» e il suo volto sembra illuminarsi, come già avvenuto dalla beatitudine celeste. Lascia oltre cento suore. Ai suoi funerali partecipano le autorità civili, i suoi poveri, le sue orfane ei vecchi del suo ricovero. I resti mortali finiscono per errore nella fossa comune durante la ristrutturazione del cimitero padovano: non si hanno quindi reliquie del corpo della beata. É beatificata nel 1990.

Tratto dal libro “I santi del giorno ci insegnano a vivere e a morire” di Luigi Luzi

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