“Io ho preferito non andare alla messa di ieri mattina in suffragio di don Roberto. Intanto perché ieri notte ho fatto tardi per andare a fare il giro delle coperte e delle medicazioni sotto i portici. Lo faccio dal 2016, da quando è scoppiata l’emergenza della stazione. A seguito di un’inasprimento delle chiusure delle frontiere per la Svizzera, ci siamo trovati con 500 persone in difficoltà. Ognuno di noi con le proprie competenze si è messo a disposizione. Io ho iniziato con le medicazioni. Ma si sono mobilitati anche avvocati per le pratiche legali e tante altri cittadini ognuno con le sue competenze. Ho cominciato così e poi negli anni successivi ho fatto sempre la volontaria nell’ambito sanitario agli ultimi degli ultimi. Quelli che non accedono neanche alle cure pubbliche perché non hanno i documenti. Sono le persone che io chiamo gli invisibili. Negli anni l’emergenza è continuata fino ad oggi. Don Roberto aveva fatto installare dei bagni pubblici per gli immigrati, ma sono stati rimossi. E’ stata chiusa anche l’acqua della fontanella da dove andavano a bere. Era stato multato più volte per le sue iniziative ma lui non mollava vai. Si ribellava e continuava nella sua opera di carità. Sono successe anche tante cose belle in questi anni: i giovani che prima andavano a pregare con lui e poi lo seguivano per strada a distribuire i pasti caldi. Le mamme della città che portavano le colazioni, i fornai che donavano il pane. E poi il suo sorriso era per tutti ed era un sorriso bellissimo. Il sorriso di Dio. Così ho conosciuto don Roberto e il mio modo di salutarlo e onorarlo è di continuare il mio lavoro sotto i portici. Domani sarà una giornata ancora più dura perché sarà la prima domenica senza di lui”.
Marina F.