Osservare i fenomeni è un conto. Saperli spiegare attraverso le leggi della fisica è un’altra. La coscienza della gravità è vecchia quanto l’uomo se non di più, ma soltanto negli ultimi 300 anni gli scienziati ne hanno dato una spiegazione, eleggendola a forza principe dell’universo, in grado di condizionare il moto dei corpi celesti e di garantire il nostro stesso equilibrio fisiologico. Le leggi di Newton seppero descriverne la portata con straordinaria precisione ma è stato Albert Einstein che ne diede un interpretazione di tipo geometrico, facendo cadere il velo sul suo funzionamento grazie alla teoria della relatività generale, elaborata esattamente 100 anni fa. La rivoluzione portata dallo scienziato e filosofo tedesco partiva da un assunto: le dimensioni sono più di tre.
Un corpo non si muove solo attraverso lo spazio (costituito da altezza, larghezza e profondità) ma anche tramite il tempo. Concetto inafferrabile per noi esattamente come lo sono cubi e parallelepipedi per gli abitanti di “Flatlandia” (il mondo bidimensionale nato dalla mente Edwin Abbot Abbot). Come è possibile viaggiare nel tempo? Einstein lo ha spiegato attraverso le sue equazioni, dalle quali nasce il concetto unitario di spazio-tempo, un tessuto che circonda e attraversa l’universo, influenzato proprio dalla gravità. Per permetterci di immaginarlo i fisici ricorrono a un’immagine, un lenzuolo elastico retto dai due capi sui quali vengono poggiati oggetti pesanti, le singole depressioni generate (che cambiano a seconda della massa del corpo) vengono chiamate distorsioni spazio-temporali. Lanciando poi una biglia sul telo si noterà che essa comincerà a ruotare attorno alle sfere poggiate, salvo poi cadere su di esse a causa dell’attrito. Ma nello spazio vuoto quest’ultimo fatto non accade col risultato che l’oggetto continuerà a muoversi attorno ai corpi in perpetuo. Se dunque il peso curva lo spazio tempo allora la gravità non è altro se non il risultato di questo effetto.
Stelle e pianeti dunque sono poggiati su questo infinito lenzuolo, più sono massicce e maggiore sarà l’attrazione sviluppata. La relatività generale venne confermata per la prima volta nel 1919 in occasione di un’eclissi di Sole. Osservando il cielo durante il fenomeno l’astronomo Arthur Eddington notò alcune stelle molto vicine al bordo del nostro astro, in una posizione anomala. Era la conseguenza della gravità del sole che, distorcendo lo spazio, curvava la luce del sole. Grazie all’intuizione di Einstein è stato possibile fare scoperte impensabili, quale, ad esempio, l’esistenza di corpi talmente densi che nemmeno la luce riesce a sfuggire alla loro attrazione gravitazionale. Si tratta dei buchi neri, già immaginati dal fisico tedesco, ma rifiutati perché, a suo parere, la natura non avrebbe potuto e dovuto creare oggetti tanto spaventosi. Ma c’è una falla nel sistema einsteniano, le cui leggi valgono per il mondo macroscopico ma non per quello subatomico, la meccanica quantistica. Per cercare di conciliare queste due realtà gli scienziati si sono avventurati nell’impossibile teoria delle stringhe, detta anche “del tutto”. Ma questa è un’altra storia…