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Le vittime dell’odio contro i cristiani e contro il Vangelo

Sono di pochi giorni fa le notizie giunte in Italia dell’aggressione ai danni di due missionari cattolici, operativi in due differenti parti del mondo: parliamo di Nadia De Munari, volontaria dell’Operazione Mato Grosso, uccisa a Nuevo Chimbote (Perù) a colpi di machete e di padre Christian Carlassare, vescovo eletto di Rumbek (Sud Sudan), gambizzato con arma da fuoco, ma sopravvissuto ed attualmente in buone condizioni.

Tanti sono gli operatori pastorali sparsi nel mondo, come la De Munari e padre Carlassare, che hanno deciso di dedicare la propria vita ai più poveri e di viverla al loro fianco all’estero o nei paesi di origine, assumendosi anche il rischio di essere coinvolti in atti di violenza, il cui timore, però, per questa non sempre remota possibilità è minore rispetto al desiderio di farsi prossimi agli ultimi.

Il dossier dell’Agenzia Fides, organo d’informazione delle Pontificie Opere Missionarie, che annualmente raccoglie i dati inerenti all’uccisione di missionari cattolici, afferma che nel 2020 “sono stati uccisi nel mondo 20 missionari: 8 sacerdoti, 1 religioso, 3 religiose, 2 seminaristi, 6 laici”, di cui “il numero più elevato torna a registrarsi in America, dove sono stati uccisi 5 sacerdoti e 3 laici (8).

Segue l’Africa, dove sono stati uccisi 1 sacerdote, 3 religiose, 1 seminarista, 2 laici (7). In Asia sono stati uccisi 1 sacerdote, 1 seminarista e 1 laico. In Europa 1 sacerdote e 1 religioso”. “Negli ultimi 20 anni, dal 2000 al 2020 – si continua a leggere – sono stati uccisi nel mondo 535 operatori pastorali, di cui 5 vescovi”.

Questi numeri di certo aumenterebbero se si tenesse conto anche di tutti quei cristiani, dal clero al laicato, che ogni anno subiscono soprusi a causa della criminalità – organizzata o meno – e della fede professata.

Dal quadro riassuntivo presente nel dossier le vittime rimaste uccise dello scorso sono: Don Oscar Juárez (diocesano), Don Ricardo Antonio Cortéz (diocesano), Lilliam Yunielka (laica), Blanca Marlene González (laica), Bryan José Coronado Zeledon (laico), Don Adriano da Silva Barros (diocesano), P. José Manuel de Jesus Ferreira (dehoniano) e Don Jorge Vaudagna (diocesano) in America; P. Jozef Hollanders (oblato di Maria Immacolata), Augustine Avertse (laico), Michael Nnadi (saminarista), Philippe Yarga (catechista), Suor Henrietta Alokha (Sisters of the Sacred Heart), Suor Lydie Oyanem Nzoughe (Religieuses de Sainte Marie) e Suor Matilda Mulengachonzi (piccola serva di Maria Immacolata) in Africa; Don Nomer de Lumen (diocesano), Rufinus Tigau (catechista) e Zhage Sil (seminarista) in Asia; infine, Don Roberto Malgesini (diocesano) e Fra Leonardo Grasso (carmelitano) in Italia.

Questi “operatori pastorali sono stati uccisi – come riporta Fides sintetizzando i moventi delle diverse uccisioni – durante tentativi di rapina o di furto, compiuti anche con ferocia, oppure sono stati oggetto di sequestro, o ancora si sono trovati coinvolti in sparatorie o atti di violenza nei contesti in cui operavano. Contesti contraddistinti da povertà economica e culturale, degrado morale e ambientale, dove la violenza e la sopraffazione sono regole di comportamento, nella totale mancanza di rispetto per la vita e per ogni diritto umano.

Nessuno di loro ha compiuto imprese o azioni eclatanti, ma ha semplicemente condiviso la stessa vita quotidiana della maggior parte della popolazione, portando la sua testimonianza evangelica come segno di speranza cristiana”.

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