Il concetto di “vita indipendente” ha una valenza importantissima. Se, contestualmente alla diagnosi di disabilità o malattia rara, si iniziasse a redigere dei Progetti di Vita autonoma, indipendente e partecipata, calandolo, sui bisogni, sulle ispirazioni e sui desideri di ognuno, il termine inclusione assumerebbe un significato più compiuto. Tutti, indipendentemente dalla loro condizione particolare, hanno dei sogni che vorrebbero realizzare e, se non si è in grado di intercettarli, il Progetto di Vita, non raggiungerà la sua valenza più profonda. “Vita indipendente” non significa solamente poter vivere da soli, senza l’assistenza di qualcuno ma, dare tutti gli strumenti tecnologici, relazionali e assistenziali necessari, con l’obiettivo di rendere ognuno indipendente nel compimento delle rispettive scelte, bisogni e progetti.
Il Progetto di Vita, quindi, deve essere flessibile e mutare con l’evolvere dei bisogni, della crescita e con il mutare della condizione sanitaria. Esso, pertanto, non deve essere statico o calato dall’alto, ma partecipato e rivisto ogni qual volta le rispettive esigenze cambiano e, le risposte fornite dalle istituzioni preposte, devono essere rapide, senza che passino anni per il cambio di un setting assistenziale. Tutto ciò non è facile ma, in questo ambito, la legge 328 del 2000, ha ventiquattro anni e, pur essendo molto ben scritta, è quasi completamente disapplicata, molto sconosciuta agli Enti Locali, i quali dovrebbero redigere i Progetti di Vita e fare da registi con gli altri soggetti istituzionali.
Ad oggi però, molte volte, per vedere applicato quanto previsto e redigere un Progetto di Vita, occorre un avvocato con costi che vanno ad influire sulle famiglie. La situazione pertanto non è sempre rosea, ma basterebbe seguire i principi normativi che già ci sono. La Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità, ratificata dall’Italia nell’ormai lontano 2009, parla chiaramente di autonomia, indipendenza, libertà di scelta e deistituzionalizzazione ma, tutto ciò, deve trovare uno sbocco naturale nella stesura del Progetto di Vita flessibile, in grado di accompagnare la persona per tutta la vita. Solo così si arriverà ad una inclusione autentica, utilizzando anche meno risorse economiche.