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I sessant’anni del primo presidente di colore nella storia degli Usa

La festa di compleanno gliel’ha rovinata la pandemia, anzi le polemiche che lo hanno – giustamente – indotto a cancellare il “mega party” che aveva progettato per i suoi 60 anni: li ha compiuti ieri, essendo nato a ad Honolulu il 4 agosto 1961. La festa era in programma nel fine settimana, sull’isola di Martha’s Vineyard, in Massachusetts, luogo di ritrovo dei ricchi e famosi, purché liberals e democratici, degli Stati Uniti, dove nel 2019 gli Obama hanno acquistato una proprietà con vista sull’oceano.

Dovevano esserci circa 700 persone tra invitati e personale di servizio, un po’ tante in questi tempi di norme anti-covid, anche se gli invitati, per essere ammessi, dovevano essere vaccinati e produrre un test negativo e se tutto doveva svolgersi all’aperto, con l’iconica band grunge dei Pearl Jam che doveva esibirsi dal vivo. Così, Barack e la moglie Michelle avranno con sé solo familiari e intimi: niente celebrità alla Oprah Winfrey, George Cloney e Steven Spielberg, che pure possono essere considerati alla stregua di amici di famiglia.

Prudentemente, il presidente Joe Biden, che fu suo vice per otto anni alla Casa Bianca, aveva già fatto sapere di non poterci essere: meglio il suo “buen retiro” di Rehoboth Beach, in Delaware, dove non c’è mai rischio di assembramenti.

Anche la marcia indietro non ha del tutto placato le critiche: da settimane, le autorità sanitarie sconsigliano eventi di massa per un’impennata del numero dei contagi. Il Massachusetts, tra l’altro, è uno Stato “sotto osservazione”, proprio per i riti estivi celebrati a Cape Cod, di fronte alla cui costa si trova Martha’s Vineyard.

Barack Hussein Obama II è solito organizzare grandi feste per i suoi compleanni. Quando compì 50 e 55 anni organizzò dei party alla Casa Bianca avendo ospiti come Paul McCartney, Tom Hanks, Stevie Wonder, Ellen DeGeneres e molti altri. Questa volta, ne farà a meno. Restavo valide, invece, le indicazioni sui regali: Barack chiede donazioni a giovani afroamericani e alle loro famiglie, sia negli Usa che nel Mondo.

Cinque anni e mezzo dopo avere lasciato la Casa Bianca, Obama conserva prestigio e influenza nell’America che lo elesse, il 4 novembre 2008, primo presidente nero nella storia degli Stati Uniti e lo rielesse, il 6 novembre 2012.  Figlio di un’antropologa del Kansas e di un economista keniota, Obama si è laureato in scienze politiche alla Columbia University nel 1983 e poi in giurisprudenza alla Harvard Law School nel 1991.

Prima di affrontare gli studi di legge, lavorò come “community organizer” a Chicago, collaborando con Saul Alinski, un attivista in stretto contatto con il filosofo cattolico francese Jacques Maritain. Fu lì, e poi come avvocato nel campo della difesa dei diritti civili e docente di diritto costituzionale presso la Law School dell’Università di Chicago dal 1992 al 2004, che Obama concepì l’idea dell’impegno politico, eletto due volte senatore in Illinois e nel 2004 senatore dell’Illinois a Washington.

Presidente per due mandati, “persona dell’anno” del settimanale Time nel 2008 e nel 2012, insignito di un Nobel per la Pace “sulla fiducia” nel 2009 – tentò senza riuscirci di rafforzare pace e sicurezza attraverso la diplomazia internazionale e la cooperazione tra i popoli -, Obama ottenne il successo più importante con la sua elezione, che, nel segno dello slogan “Yes we can” suscitò un’ondata d’ottimismo e di speranza nel Mondo intero, nonostante si stessero già subendo le conseguenze della crisi economica innescata nel 2008 dalla degenerazione di una globalizzazione all’insegna del profitto e non della solidarietà.

Ma i risultati delle presidenze di Obama non sono stati all’altezza delle speranze suscitate: l’uscita dalla crisi economica è stata disuguale e ha ulteriormente allargato la forbice tra ricchi e poveri sia fra nazioni che all’interno delle singole nazioni; e il mondo non è diventato un posto più sicuro, anzi i colpi di coda delle Primavere arabe e delle guerre iniziate dagli Stati Uniti in Afghanistan e in Iraq hanno prodotto nuovi conflitti e ulteriore terrorismo; e le relazioni fra i grandi del Mondo, Usa, Cina e Russia, si sono deteriorate.

Negli Stati Uniti, la presenza di un nero alla Casa Bianca ha accentuato la polarizzazione già forte della società e ha contribuito a cementare quella coalizione tra classe lavoratrice bianca e “rednecks” anti-governo e Tea Party suprematisti e fondamentalisti, che alle elezioni del 2016 portò alla Casa Bianca Donald Trump. Il cui successo è la pecca più grande del presidente Obama, che forse non si rese conto che la divisiva e antipatica Hillary Clinton non era il candidato giusto contro il magnate showman che manipola l’opinione pubblica e usa l’arma della spudorata menzogna. Gli avesse giocato contro l’usato sicuro del suo vice, uomo senza carisma, ma con poche macchie, forse gli Usa e il Mondo si sarebbero evitati la degradante esperienza di un Trump presidente.

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