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Come rilanciare crescita e lavoro dopo l’emergenza Covid

Dobbiamo augurarci che i dati forniti dall’Istat facciano capire alle forze politiche che si stanno confrontando per dare un nuovo Governo al Paese che il lavoro è il primo problema per il nostro Paese e che il lavoro è la migliore risposta ai tantissimi problemi che stanno vivendo almeno la metà degli italiani.

Lo dico perché i problemi del nostro Paese vengono visti con un occhio diverso da chi è garantito e da chi garantito non lo è. Dobbiamo a un Uomo di Chiesa, l’Arcivescovo Nosiglia, la definizione più chiara del grande distacco che divide le Istituzioni e il Paese reale e il Paese garantito dal Paese che non è garantito. “A Torino la metà della città che sta bene non si accorge della metà della città che sta male”, disse Nosiglia il 15.8.2012. E’ ciò che oggi sta vivendo tutto il Paese.

Per qualcuno la priorità era che il Premier sia Conte, per qualcuno la priorità è un nuovo Programma/Contratto di governo, perché nel 2020 non è andato tutto bene, e con Ministri e Sottosegretari più competenti che governino meglio la crisi sanitaria ed economica.

Ogni ora 50 persone perdono il lavoro. Nel 2020 sono andati in fumo 440.000 posti di lavoro. Le donne e i giovani pagano il prezzo più alto.

Negli ultimi anni, sarà il benessere, sarà la competizione economica, è cresciuto l’egoismo ed è diminuita l’attenzione all’altro e la solidarietà umana. Ma la politica buona è quella che ha una maggiore sensibilità umana ed è quella che fa suoi i problemi dei più deboli e indifesi…
Per la metà del Paese il primo problema è il lavoro, sia quello dipendente che quello autonomo. Qui è la novità della situazione. L’unica risposta è il ritorno alla crescita, perché la crescita, come diceva John Kennedy, è quell’onda che alza tutte le barche. La ripresa dell’economia infatti porterà le aziende a aumentare il personale e porterà alla crescita del lavoro anche per i servizi a partire da quelli commerciali.

Ma per rilanciare la crescita occorre rendere più competitive le nostre produzioni, occorre innovare la nostra manifattura e realizzare le infrastrutture fisiche (la Tav, la nuova Diga al porto di Genova per aumentare le potenzialità del primo porto italiano, etc.) che diminuiscano i costi della logistica e che aumentino la crescita del Paese, e le infrastrutture digitali che ci rendano più competitivi nel mercato globale.

Una cosa è certa: il Paese deve difendere le proprie eccellenze produttive e aumentarne la vendita nel mercato globale. Negli ultimi dieci anni solo l’aumento delle esportazioni ci ha tenuto a galla. Ecco perché gli investimenti nella ricerca e nella Manifattura 4.0 saranno decisivi per mantenere la nostra quota di mercato nella manifattura, così come gli investimenti nei porti, negli aeroporti, nelle reti ferroviarie ad AV; ci consentiranno di crescere nella logistica e nel turismo, due settori labour intensive. Valga l’esempio della azienda che amministro a Genova. L’aumento del lavoro ci ha portato solo in questo mese a crescere l’occupazione del 2%. L’incarico a Draghi apre alla speranza di un Governo finalmente alla altezza dei gravi problemi italiani generati da vent’anni di stagnazione. Che S. Biagio lo aiuti.

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