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Il mio ricordo di Silvio Berlusconi

Era il 2000 e ancora stavo studiando all’università quando, improvvisamente, scendendo a Milano da Sondrio in Stazione Centrale mi trovai davanti a un gazebo di Forza Italia. Non so cosa mi passò per la testa ma, senza pensarci due volte, mi avvicinai e mi iscrissi al partito fondato da Silvio Berlusconi. Fino ad allora mi ero sempre considerato “di sinistra” ma nei mesi precedenti, complice lo studio dell’economia, cominciai a mettere in dubbio la mia collocazione.

Ricordavo i discorsi del Presidente e pensavo all’idea di libertà, infarciti, al di là della retorica anticomunista che per me ha sempre lasciato il tempo che trovava, di messaggi forti sul ruolo della persona nella società, della minore pervasività dello stato, della libertà di impresa e di crescita e qualcosa si mosse e si trasformò nella volontà di fare qualcosa in prima persona. Ecco che arrivò la tessera e il dono dei volumi con tutti i discorsi di Berlusconi. 

Cosa avevo in comune con Silvio? Probabilmente poco o nulla, non ho mai avuto una mentalità imprenditoriale, preferendo analisi e studio, non ero bravo a parlare in pubblico ma preferivo scrivere, tanto che dopo tanti anni sono arrivato a iscrivermi all’albo dei giornalisti, ma ero affascinato dal messaggio che la Forza Italia di allora si sforzava di portare avanti. Il “meno tasse per tutti” nascondeva un concetto fortissimo, di ritirata dello stato e di maggiori opportunità di spesa e di investimento per cittadini e imprese e quello era, alla fine, quello che pensavo dovesse essere il futuro. Ecco Silvio Berlusconi mi donò un sogno, un desiderio condiviso con tanti altri ragazzi, alcuni dei quali divennero amici e altri, pochi, oggi sono approdati agli scranno della politica “professionale”, diciamo. Furono anni bellissimi, tra attivismo, lavoro e anche crescita personale ma finirono.

Nonostante abbia sempre considerato Berlusconi “il presidente”, ad un tratto, non mi trovai più in quello che stava diventando il partito e, così, lo mollai passando in un’altra organizzazione che si stava trasformando completamente, la AN di Gianfranco Fini. Non abbandonai il campo, perché l’idea nata con l’iscrizione a Forza Italia anni prima restava, forte come non mai, ma non ritenevo più quel partito capace di portarla avanti. Da lì a FLI anni dopo il passo fu breve anche in contrapposizione a colui che potevo considerare, quasi, un mentore. Il fallimento di quell’esperienza concise con l’abbandono della politica attiva, trasferendo il mio impegno nella scrittura. l mio, modesto, contributo nel decennio abbondante seguente fu indirizzato alla cultura, per cercare di diffondere i concetti di libertà e spiegare l’economia nella maniera più agevole possibile.

Berlusconi è sempre restato , però, come un leone a combattere la sua battaglia, non solo ideale ma anche fisica, cosa che scoprii anni dopo non frequentando più quell’ambiente. Io l’ho sempre visto come una certezza, come un grande comunicatore e costruttore di sogni, presente nel dibattito politico anche se defilato per i guai giudiziari prima ancora che di salute e ora non c’è più. Ripensando alla mia storia vedo quanto abbia influito la sua personalità in ogni mia azione, politica e editoriale.

La politica è l’arte della mediazione e io non ho mai mediato, arrivando a pensare alle “balle” e alle “mancanze” dell’operato di Berlusconi ma avevo torto. Nonostante tutto ha portato sempre avanti il suo progetto, cercando di realizzare più punti possibile, riuscendo in qualcosa e fallendo forse ancora più volte ma è il continuo provare a fare che contraddistingue un imprenditore e uno statista da una persona comune.

Oggi in tanti sono rimasti orfani, i suoi sostenitori, coloro che sono cresciuti grazie alla sua azione e i suoi detrattori che rimangono senza il bersaglio favorito. Comunque sì guardi la realtà nessuno potrà mai negare che Berlusconi abbia fatto la storia, forse più di chiunque altro, in Italia, negli ultimi 50 anni e ci mancherà, magari non lo capiremo subito ma lo vedremo già nei prossimi mesi.

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