Estate di Salvatore Quasimodo
Cicale, sorelle, nel sole
con voi mi nascondo
nel folto dei pioppi
e aspetto le stelle.
L’estate è il tempo del riposo, delle vacanze, della paura, ma anche tempo del silenzio, della riflessione e di un bilancio e un rilancio della propria vita. L’estate, come diceva Don Bosco, “è la vendemmia del diavolo”, ma possiamo usare questo tempo per pregare, leggere, stare con gli amici e godere la bellezza della vita e della natura. Nella nostra cara Italia siamo circondati di bellezza da quella artistica a quella paesaggistica. Possiamo tranquillamente ricevere premi dal mondo intero per la cucina, l’ospitalità e tutto il bello che c’è nel nostro “stivale” magico. E’ vera la scritta riportata sul Palazzo della Civiltà, a Roma, nel Quartiere dell’Euro: “Un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori, di trasmigratori”.
L’Italia della pasta, della pizza, del sigaro, ma anche della mafia e della corruzione. Credo che ci dobbiamo nutrire di bellezza. Le chiese, le scuole, le famiglie, le tv, i giornali devono ritornare ad essere dei “laboratori di bellezza”, questo è l’unico modo per sconfiggere la cultura spazzatura e la criminalità organizzata. Lavorare tanto sulla prevenzione nutrendo gli occhi, il cuore e l’anima solo di cose belle. L’estate è il tempo per scoprire e riscoprire le cose belle della vita. E…state fermi per gustare la vita, ascoltare nel silenzio Dio dentro di noi e assaporare le relazioni con gli altri.
Concludo con una bellissima poesia di Edgar Allen Poe:
La stella della sera di Edgar Allen Poe
L’estate era al suo meriggio,
e la notte al suo colmo;
e ogni stella, nella sua propria orbita,
brillava pallida, pur nella luce
della luna, che più lucente e più fredda,
dominava tra gli schiavi pianeti,
nei cieli signora assoluta –
e, col suo raggio, sulle onde.
Per un poco io fissai
il suo freddo sorriso;
oh, troppo freddo – troppo freddo per me!
Passò, come un sudario,
una nuvola lanugiosa,
e io allora mi volsi a te
orgogliosa stella della sera,
alla tua remota fiamma,
più caro avendo il tuo raggio;
giacché più mi allieta
l’orgogliosa parte
che in cielo svolgi a notte,
e di più io ammiro
il tuo fuoco distante
che non quella fredda, consueta luce.