E’ evidente come l’errata e confusionaria comunicazione sui vaccini ha influito sulla libera decisione delle persone di accedere o meno alla possibilità di vaccinarsi. E’ una situazione particolare per tutti, anche per chi deve informare. Chi ha la responsabilità della salute pubblica ha anche quella della comunicazione che fa. Non si può rischiare di comunicare situazioni ambigue. La responsabilità comunicazionale slatentizza tutto ciò che un essere umano, a modo suo in autoterapia cerca di tenere sotto controllo.
Faccio un esempio. Ci sono persone che tendono a fare della paura il suo stile di vita e quindi possiamo parlare di una persona fobica: chi non prende aerei, chi ha paura dei germi. Paure che se portate allo stremo diventano invalidanti. C’è chi ha imparato a controllarle, ha acquisito un suo equilibrio nevrotico. Cosa succede quando c’è un pericolo molto reale come la pandemia? Un pericolo i cui limiti della conoscenza sono ambigui, ai quali si affianca una comunicazione generale e totale, si rischia veramente di scatenare un’altra pandemia, quella psicologica: l’impossibilità di utilizzare per gli esseri umani, la prudenza e tutti quegli strumenti necessari per far fronte a ciò che è pericoloso.
Si crea uno stato di panico, è come se di fronte a una bestia feroce un cucciolo non riesce ad andare nella tana perché è talmente terrorizzato che non sa cosa fare. Noi non consideriamo che le nostre riserve psicologiche ci creano anche un benessere fisico. Nella scala di Holmes, grande neurofisiologo riguardo agli studi sullo stress, al terzo-quarto posto si trova un pericolo esterno sconosciuto. Bisogna considerare che questa scala è formata da circa 130 punti, al terzo posto si trova un elemento di questo tipo, sul quale noi non sappiamo cosa dire e comunichiamo in modo ambivalente: in questo modo si distruggono le riserve psicologiche degli esseri umani.
Quello che mi sta colpendo è che in verità ho constato che le persone più fobiche, più spaventate, più normalmente fragili dal punto di vista psicologico, pur avendo adottato delle misure forzate di isolamento, si sono ammalate di Covid. E’ la dimostrazione di come non possiamo trascurare l’aspetto psicologico, emotivo e religioso della nostra vita. E’ come se tutti vivessimo costantemente davanti a un semaforo rosso che ci impedisce di andare avanti: siamo fermi, ogni tanto una scappatoia, una luce verde, ma poi ci si ferma di nuovo.
Bisogna seguire di più il proprio io, il proprio corpo, la propria mente. Dobbiamo costruirci un inventario personale di “prudenze”. C’è una desensorializzazione, le persone stanno perdendo il tatto. C’è passività, è come se non avvertissimo più la presenza degli altri. Mi hanno molto colpito le immagini che mostrano assembramenti di giovani, ovviamente da criticare. Ma quello che salta all’occhio è la mancanza di comunicazione tra di loro: stanno lì, con il loro bicchiere in mano… ma non si parlano. E’ un momento in cui dobbiamo riflettere su quello che stiamo combinando: la persona è un’entità biopsichica, andiamo a preservare il bio ignorando la psiche. Noi siamo un’anima dentro un corpo non un corpo con un’anima.
Le persone hanno diritto di essere informate a quali rischi vanno incontro. Ma se un giorno ci dicono che un vaccino va bene per una certa fascia di età, dopo due giorni dicono il contrario. Questa non è scienza, si parla di approssimazione. Questa è una ricerca fatta anche male che non va seguita. Ci devono spiegare bene cosa sta succedendo: le persone hanno il diritto, prima di tutto ad essere informate, ma se non si sente di farlo va lasciata in pace. Se vado a somministrare a una persona che non può scegliere un vaccino che le fa paura, ho 8 possibilità su 10 che accada ciò che non voglio.
Bisogna stabilire delle regole: passare dal controllo alla prudenza, cosa fondamentale; non fare atti di fede, ma vivere di una sana e normale documentazione che in questo momento ci aiuta a credere che la vaccinazione ci aiuterà contro il covid; non incorrere in una pandemia psicologica, quindi una confusione mentale totale che ti fa stare troppo tempo chiuso in casa, non ti fa parlare con nessuno, ti isola e crea una desensorializzazione che è pericolosa quanto il Covid.