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Come cambiare l'Europa

L'Europa dei popoli non è più un'utopia. Negli ultimi anni, dopo la costruzione dell'Eurozona nel seno dell’Europa allargata a 28 Paesi, la crisi finanziaria che ha squassato da prima la Grecia, e che sta interessando tuttora in particolar modo l'italia, ha portato i più a non credere più all’Europa intesa come ideale politico. Sempre di meno sono coloro che, tra le persone comuni e le famiglie, credono che l’intuizione dei padri fondatori europei – non a caso tutti cattolici – sia ancora attuale. Per meglio dire, non pensano più che possa costituire qualcosa di buono per la loro vita quotidiana e per il futuro dei loro figli. Hanno ragione, ma proprio per questo è necessario insistere, e fare il possibile affinché nella politica sopravviva una presenza che possa essere cinghia di trasmissione con un nuovo, e nello stesso tipo antico, ideale di Europa delle famiglie e del lavoro. Si tratta di far sì che le persone possano ricominciare a credere in una organizzazione non più data in ostaggio alle tecnocrazie e alle ferree leggi della finanza. In questo senso, un contributo importante sta venendo da Est, dai Paesi del blocco di Visegrad, che per primi hanno avuto il coraggio di contrapporsi in maniera frontale alla visione tecnocratica della Unione europea.

Per questo, considerata l'importanza che il Popolo della Famiglia dà a questa nuova concezione alternativa dell'Europa, nella prospettiva delle prossime elezioni per il Parlamento di Strasburgo, nel mese di luglio sarò personalmente impegnato in una missione europea nei paesi dell'Est del continente. Avrò l'occasione di approfondire la conoscenza di uno scenario politico che sempre più reclama un nuovo modo di affrontare i problemi. E per quanto ci riguarda il nuovo approccio del quale si sente l’urgenza non può che essere fondato sulla dottrina sociale della Chiesa. Sembrano lontani i tempi in cui Giovanni Paolo II tuonava contro l’intenzione dei grandi Paesi europei di escludere dal preambolo della Costituzione Europea ogni riferimento alle radici cristiane. La storia si è già incaricata di dimostrare come la visione laicista e massonica dello spirito comunitario europeo fosse perdente. Ora, se non si vuole che la costruzione politica dell’Unione finisca per soccombere, a causa del giusto malcontento che ha già portato in Italia a una vittoria politica delle forze populiste, e minaccia di espandersi a macchia d'olio in tutto in tutta l’Eurozona, la risposta possibile è una sola. E’ urgente riscoprire una economia a misura di persona e di famiglia, dove il debito non sia una gabbia finanziaria che modifica le speranze e le possibilità di crescita. Dove al centro ci siano il lavoro e le persone, e non soltanto le esigenze del capitale. In tale senso, è evidente che la rinegoziazione delle regole finanziarie comunitarie sia ineludibile. I debiti degli Stati, e i patrimoni che li garantiscono, devono essere in qualche modo messi in comune, affinché le popolazioni non si ribellino alla continua mortificazione delle loro speranze e dei loro sacrifici. Solo insieme alle forze di ispirazione cristiana, delle quali in Italia il Popolo della Famiglia è l’unica aggregazione ancora politicamente attiva, tutto questo diventerà possibile.

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