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Più collaborazione tra statali e paritarie per fare uscire la scuola dal caos

Si torna a parlare di chiusure, di zone rosse, di lockdown mirati. Salute, Sicurezza e Scuola sono messi allo scontro, o chiudiamo le scuole e fermiamo i contagi o le teniamo aperte e la curva cresce.

La ripetizione costante si è impressa nelle menti anche di quei pochi pensanti che pur di salvare la pelle meglio morire di inedia. Insomma l’innato spirito di sopravvivenza che l’uomo ha in sé, alla fine ha la meglio sempre. E allora chi tenta di dire che ci può essere una alternativa, che se nei 200 giorni precedenti avessimo lavorato come si doveva, e ci corre l’obbligo di ridircelo per evitare di condannare il Paese Italia ad una scuola 2021 che non riparte, ti becchi l’accusa di negazionista.

Ormai in Italia c’è spazio solo per gli schieramenti i negazionisti e i complottisti e l’abbiamo buttata nella politica. Non possiamo cedere alla tentazione di dover decidere di quale morte morire: di Covid o di fame. In mezzo si trovano, come sempre le persone, le loro vite, il loro lavoro, i loro affetti. Andiamo avanti da mesi a colpi di DPCM, emanati quasi sempre in tarda serata.

L’impatto del covid sull’istruzione ha confermato che lo scenario del sistema scolastico europeo è differente rispetto a quello Italiano. E la differenza si gioca sull’equità.

Quindi dopo il covid – non a causa del covid – il sistema scolastico da iniquo è divenuto d’élite, con l’esclusione dei poveri e di 285 mila disabili: chiaramente il diritto all’istruzione si sta trasformando in un privilegio. E’ questo il vero e drammatico allarme che ruba oggi il futuro delle nuove generazioni e condanna il Paese Italia ad una vita di stenti. E’ su questo che dobbiamo concentrarci, senza farci distrarre dal surreale scontro fra il Governo centrale e le Regioni che gettano 8 mln di studenti e i loro genitori nel caos.

Ormai con il Dpcm 04.11.2020 il dado è tratto: per il secondo anno scolastico consecutivo la scuola italiana è nel caos, compagni di viaggio la confusione e il disorientamento più assoluto. Non ci resta che lavorare per porre quelle premesse necessarie affinché la scuola 2021 riparta per tutti.

Cosa fare? Ecco qui. In Parlamento, a camere unificate, si avvii una collaborazione reale fra scuole statali e paritarie e con la quota capitaria di 5.500 euro, come dimostrato in svariati studi seri e documentati, si garantisca il diritto di apprendere per tutti gli studenti.

Dobbiamo guardare agli annunciati finanziamenti europei come all’ultima “opportunità”. L’investimento attraverso Sure, Bei e Mes di quasi 100 miliardi di risorse, cui si aggiungerà la “dote” di 172 miliardi del futuro Recovery Fund, potrà diventare autenticamente strategico per completare il processo virtuoso costruito sui tre tasselli dai quali non è possibile prescindere: “Autonomia, parità e libertà di scelta educativa”. E poi avviare accordi con i mezzi di trasporto pubblici e privati per far viaggiare in sicurezza i ragazzi e chi si sposta nello stesso orario.

In alternativa lo scenario dal 2021 sarà esattamente quello del 2020: la scuola ripartirà solo per alcuni privilegiati che avranno in mano le sorti della nazione. Quindi il diritto all’istruzione sarà inteso come un lusso, una cosa da ricchi, come lo è stato per secoli, con una piccola variante: il figlio “di chi può” a scuola, presso collegi prestigiosi, e poi sulle ali della grande finanza; il figlio del povero – oggi – nelle grinfie della criminalità organizzata o distrutto dalla droga. Il tutto senza una ragione di diritto e di economia: pura “idiozia culturale”.

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