Centosettantacinquemilaseicentodue: non sono solo i numeri delle richieste arrivate in due settimane all’Inps (dato aggiornato al 13 luglio) per l’assegno unico temporaneo. Sono soprattutto, ad esempio, storie di tanti titolari di partita iva, piccoli imprenditori, disoccupati, coltivatori diretti, con figli ma senza busta paga, che fino al 1° luglio scorso non avevano mai avuto diritto a percepire un assegno di sostegno.
Sulla carta solo oltre 2 milioni gli aventi diritto, e anche i lavoratori dipendenti avranno un aumento rispetto agli assegni familiari, la domanda, entro il 31 dicembre si può sempre fare e per tutti gli aspetti tecnici, rimando al sito dell’INPS, ma qui vorrei soffermarmi sul valore simbolico di questa svolta fiscale, perché negli ultimi 40 armi l’unica “vittoria” delle famiglie era stato il miliardo investito per le detrazioni nel 2011. Ora si è passati da 14 miliardi di euro annui per le famiglie a 20 miliardi, un incremento del 42,86%.
La famiglia comincia a pesare, ad essere importante, a rappresentare una risorsa su cui investire e non una somma di problemi da risolvere. Resta il fatto che mentre in tutta Europa l’assegno è lineare, ovvero universale e viene erogato a chi ha figli indipendentemente dal contratto di lavoro e dal reddito, in Italia usiamo ancora una volta l’Isee che è tutt’altro che equo. L’assegno temporaneo ha una selettività troppo alta, cioè decresce troppo rapidamente in base al reddito, ed esclude ancora molte famiglie. Noi, ahimè, usiamo l’universalità solo quando si tratta del contributo per rottamare le auto, per il superbonus 110% o per i monopattini, che poi, dati alla mano, tutte queste misure spot sono un fallimento, vedi il contributo a fondo perduto per le partite Iva, il cashback che non ha avuto il successo immaginato o il bonus vacanze inutilizzato, anche perché se avevi 1 o 4 figli era lo stesso, tanto per fare degli esempi. Solo tra il contributo partite Iva e il cashback avanzerebbero 7 miliardi, che propongo di investire sull’assegno unico e universale che partirà dal 1° gennaio 2022.
A tal proposito, in questi giorni sto incontrando i leader dei partiti politici, perché questa è una misura che unisce e non divide, per trovare un accordo sulle risorse mancanti per arrivare davvero alla “riforma epocale”, come l’ha definita il Presidente del Consiglio Mario Draghi agli Stati generali della natalità, in cui ci guadagnano tutti. Saremo contenti solo quando tutte le famiglie italiane miglioreranno concretamente la loro vita.
Certo, non sarà l’assegno unico a far ripartire la natalità ma di sicuro un assegno fatto bene, una riforma fiscale a dimensione familiare, che tenga presente la composizione del nucleo sul modello del “Fattore famiglia”, e risorse mirate del PNRR, aiutano a immaginare un Paese diverso.