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Accadde oggi: il giallo di via Poma dopo 30 anni

C'è ancora il buio più assoluto intorno ad uno dei gialli irrisolti della cronaca italiana. Dal 1990 l'assassino di Simonetta potrebbe essere ancora libero

Sono passati trent’anni e non c’è ancora un colpevole per il delitto di via Poma. Con l’assoluzione definitiva in Cassazione di Raniero Busco il 26 febbraio 2014 – che in primo grado era stato condannato a 24 anni ed assolto in appello – si cerca ancora il responsabile dell’omicidio di Simonetta Cesaroni. Sempre ammesso che l’assassino sia ancora vivo a così grande distanza di tempo dal delitto.

Delitto di via Poma, 30 anni senza un colpevole. Cosa successe quel pomeriggio. Video editato da ©La Repubblica

Cosa successe 30 anni fa a via Poma

Simonetta Cesaroni, una bella ragazza di 21 anni, figlia di un dipendente dell’azienda tranviaria comunale, viene trovata senza vita attorno alle 22.30 di martedì 7 agosto 1990. Si trova a Roma, in via Poma 2, quartiere Prati, dove lavorava come segretaria dell’AIAG, l’Associazione Italiana Alberghi della Gioventù. A scoprire la tragedia sono la sorella Claudia, il fidanzato di Simonetta, il suo datore di lavoro e la moglie di Pietrino Vanacore, il portiere dello stabile.

Il corpo martoriato di Simonetta

Il corpo della ragazza si trovava in una stanza, trafitto da 29 colpi d’arma bianca al volto, alla gola, al tronco ed al basso ventre. L’arma utilizzata per il delitto non è mai stata trovata, ma probabilmente si tratta di un tagliacarte.

L’assassino, prima di fuggire, ha cercato di ripulire l’appartamento del sangue di Simonetta. alcuni stracci vengono ritrovati accuratamente sciacquati, strizzati e rimessi al loro posto. Un gesto che può fare solo chi è intenzionato a spostare il cadavere da quell’appartamento. Anche perché, molto probabilmente, lo stesso assassino in qualche modo legato potrebbe essere legato a quel posto.

Indagini condotte con metodi approssimativi

Si tratta di un vero giallo italiano che ha messo a nudo le inadeguatezze di un’indagine condotta con metodi approssimativi e clamorosi errori investigativi, alla quale si sono sommati testimoni che cambiano versione anni e anni dopo, pseudo-inchieste, scoop giornalistici veri e presunti, chiacchiere, pettegolezzi e un ben nutrito branco di sciacalli.

A lungo il sospettato numero uno è stato Federico Valle, un giovane che abitava nello stesso palazzo dove il delitto è avvenuto. A scagionarlo, oltre all’esame del DNA, il fatto che non avesse su di sé alcuna ferita, mentre una delle poche certezze è che l’assassino, nella fase finale dell’omicidio, si è sicuramente ferito. Ma prima di lui nel tritacarne dell’inchiesta c’era anche il portiere di via Poma, Pietrino Vanacore arrestato, prima di essere scagionato.

É certo che il killer ha avuto tutto il tempo necessario: segno, questo, che sapeva che in quell’ufficio non sarebbe stato disturbato da nessuno. Il delitto di via Poma è destinato a restare un caso insoluto. L’assassino di Simonetta potrebbe ancora essere tra noi.

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