Un silenzio inquietante, quello che circonda la voragine di Via di Vigna Jacobini, a Roma. Oggi, il vecchio sito della palazzina del Portuense, implosa alle 3 di notte del 16 dicembre 1998, è coperto da una lastra di metallo che ne occulta il ricordo. Lì dentro crescono piante, erbacce, alberi, mentre la memoria delle 27 persone che morirono nel disastro sembra sempre più destinata a sopravvivere solo fra le loro famiglie: “A venti anni dal crollo di via di Vigna Jacobini – ha affermato in un comunicato l'avvocato Francesca Silvestrini, presidente del Comitato vittime del Portuense – nel quale morirono 27 persone fra cui 6 bambini, registriamo un inquietante silenzio da parte delle istituzioni, che non rende giustizia alle vittime, ormai ricordate solo dai familiari”.
La tragedia dimenticata
I numeri di quel dramma parlano da soli. Eppure, ciò che si riscontra è tutt'oggi un'aura di spettrale silenzio: “Quella di Vigna Jacobini – prosegue Silvestrini – è stata la più grave strage verificatasi a Roma nel dopoguerra, eppure oggi a ricordarla ci sono solo una piccola targa con i nomi delle vittime e l’immensa voragine lasciata dall’implosione della palazzina, che tuttora deturpa un quartiere storico come il Portuense”. Promesse mancate, scarso interesse istituzionale: la tragedia di Vigna Jacobini continua a rimanere un buco nel cuore della Capitale. Negli anni, “le promesse di ricostruzione sull’area del crollo, unite a quelle di realizzazione di un luogo del ricordo dedicato alle vittime nell’ambito di progetti di riqualificazione del quadrante, si sono infrante sugli scogli di una burocrazia spietata, che non tiene conto del dolore di chi, quella notte, ha perso tutto: affetti e proprietà immobiliari. Una cosa francamente inaccettabile in un Paese civile”.
L'appello
Per questo, conclude Silvestrini, “il Comitato rinnova l’invito alla sindaca Virginia Raggi a un momento di confronto diretto, in segno di discontinuità con le ultime giunte. Chiediamo l’istituzione di una Giornata cittadina della Memoria per non disperdere il ricordo di quanti, in quel 16 dicembre del 1998, morirono in modo così assurdo. Lo dobbiamo alle vittime e ai loro familiari. Lo dobbiamo, soprattutto, alle future generazioni, affinché tragedie del genere non si ripetano”.