“Per far rinascere Roma bisogna ripensare il modello di governo della città”. Non più provvedimenti calati dall’alto, che non tengono conto delle diversificate esigenze di un territorio enorme. Ma un sempre maggiore coinvolgimento dei cittadini, a partire dai quartieri, che per i romani sono “come la mamma”. Questo il cuore (il gioco di parole con la sua lista civica è del tutto casuale..) del programma con cui Alfio Marchini si presenta ai romani. Il candidato indipendente, che da un mese ha ottenuto anche l’appoggio di Forza Italia, ha concesso a Interris.it questa intervista. Per farsi conoscere da chi fra due settimane dovrà scegliere a quale sindaco affidare il futuro della Capitale.
Viabilità, manutenzione stradale, decoro. In subordine la sicurezza. Come si risolvono i problemi di Roma?
“Per riuscire a cambiare Roma servono due cose. Prima di tutto una squadra importante di persone che ti dà una mano. In secondo luogo bisogna cambiare il modello di governo della città. Così com’è è ingovernabile. Credo che la Capitale vada organizzata per quartieri piuttosto che per municipi. Noi abbiamo una devozione assoluta per i nostri territori, a prescindere dal fatto che si provino in centro o in periferia. All’interno di ognuna di queste micro aree va messo un gestore, con una squadra di collaboratori. Questo diventa il referente del cittadino. La stessa Ama va riorganizzata per comparti territoriali in modo da rispondere al meglio alle esigenze di ogni quadrante. In questo modo viene dato un ruolo anche ai romani e si fa rinascere un senso di comunità. L’unica fiamma etica rimasta a Roma è l’appartenenza al proprio quartiere. In questa città dobbiamo rendere conveniente l’essere onesti”.
Idea interessante, ma è sicuro che esista un tessuto sociale che si apra al coinvolgimento?
“Certo che esiste. Soprattutto nelle periferie dove la gente è molto più avanti di quanto possiamo immaginare. Hanno capito che lo Stato non ti dà mai una mano. Il problema non è quindi la risposta del tessuto sociale ma il fatto che spesso l’amministrazione rema contro. Tempo fa un condominio di piazza Bologna aveva deciso di mettere a posto un marciapiede a sue spese. Dopo un anno è arrivata l’autorizzazione con la richiesta di una fideiussione bancaria a 10 anni. Queste sono le cose che non vanno”.
Una delle proposte che caratterizza maggiormente il suo programma è il senato civico capitolino. Ci sono rappresentanze delle professioni, dell’imprenditoria, del mondo accademico, del sindacato. Non ne manca, forse, una per i cittadini comuni?
“Ci sarà anche quella. Non solo, ma noi pensiamo a un bilancio che parta dal basso, dai quartieri, per poi salire ai municipi e al Comune. In questo modo il bilancio finale diventa la risposta che tu dai al coinvolgimento dei cittadini. Il Senato civico è quindi un modo per consentire ai romani che non vogliono fare politica di partecipare attivamente alla trasformazione della Capitale”.
Ci sarà Bertolaso in questo senato civico?
“No, lui avrà un ruolo operativo nell’ambito dell’amministrazione”.
Quello della campagna elettorale è il momento delle promesse…
“Per gli altri, non per noi. Durante l’ultima corsa per il Campidoglio la sinistra aveva promesso 700 euro agli sfrattati, e nessuno li ha visti, 500 ai disoccupati, e andate a chiedere se li hanno ottenuti. La destra si era impegnata a tagliare le tasse, mentre i 5 Stelle parlavano di salario minimo. Io non ho fatto nessuna proposta demagogica, tutto quello che abbiamo promesso lo abbiamo mantenuto. E questo faremo anche in futuro”.
I dodici miliardi di buco di bilancio non sono un ostacolo a qualunque proposta?
“Quella della mancanza di soldi è una menzogna. A Roma ci sono degli sprechi infiniti cui si può mettere mano. Noi abbiamo un debito pregresso su cui paghiamo il 4,5% d’interessi e potremmo pagare molto di meno. La metropolitana di Milano incassa 400 milioni di euro, quella di Roma 280. Ne dovrebbe guadagnare 800 ma non succede perché spesso la gente scavalca i tornelli. E ce ne sono molti altri di casi simili. Pensiamo ai rifiuti, che ormai vengono acquistati in tutto il mondo. Noi sosteniamo i costi della raccolta e poi ce ne liberiamo o con le discariche o portandoli fuori. Di conseguenza per tenere a posto i conti di Ama si alzano le tasse, mentre basterebbe costruire impianti che consentano di trasformare il rifiuto in valore aggiunto. Così puoi permetterti di abbassare nel tempo la pressione fiscale”.
L’ultima telefonata con Arcore?
“Stamattina. Doveva parlare di Roma in tv e gli ho dato qualche consiglio”.
Non teme che essere sostenuto da un partito politico nel tempo possa diventare un fardello?
“Berlusconi con me si è comportato in maniera impeccabile, non mi ha posto nessuna condizione. Una cosa che non mi era successa. Lui non è stupido, sa riconoscere chi ha di fronte. Sa che io amo Roma e voglio fare le cose fatte bene. Preferisco un milanese che si appassiona alla Capitale piuttosto che un milanese come Salvini che vuole pedonalizzare il raccordo”.
Roma è una città con grandi problemi sociali. Lei fa del rapporto diretto con i cittadini un cavallo di battaglia. Sarà così anche da sindaco?
“Faccio questo lavoro perché mi appassiona. Mi piace incontrare le persone. Tempo fa ero a Messa e una signora mi ha detto: ‘lo sa perché la voto? Perché lei sta dalla parte del popolo’. E’ stato gratificante, non me lo aspettavo. Io mi diverto a stare in mezzo alla gente, ascoltarne i problemi e cercare di risolverli. Preferisco quello alle cene elettorali”.