Si allunga la scia dei caschi blu dell’Unifil feriti nel Libano meridionale, cinque in due giorni. Gli attacchi danneggiano anche le postazioni della forza di interposizione delle Nazioni unite. Il contingente resterà comunque in quella porzione della linea di demarcazione tra Israele e il Paese dei cedri, “la bandiera dell’Onu deve sventolare in questa zona” ha infatti affermato il portavoce Andrea Tenenti, ammettendo che la situazione è difficile a causa dei continui bombardamenti. I Paesi contributori dell’Unifil hanno condannato gli attacchi alla missione e chiedono che sia rispettata la presenza del contingente nella regione, a garanzia della mediazione e della stabilità.
La decisione
I Caschi Blu delle Nazioni Unite si sono rifiutati di lasciare la zona di frontiera nel sud del Libano – come invece aveva richiesto l’esercito israeliano -, determinati a rimanere nell’area nonostante gli attacchi che hanno provocato cinque feriti fra i peacekeeper. Lo ha assicurato oggi il loro portavoce, Andrea Tenenti. “Le forze israeliane ci hanno chiesto di lasciare le nostre posizioni lungo la Linea Blu, dal confine fino a cinque chilometri dalla Linea Blu”, ha spiegato Tenenti, portavoce della Forza ad interim delle Nazioni Unite in Libano (Unifil), in un’intervista all’Afp. “È stata presa la decisione unanime di restare, perché la bandiera dell’Onu deve sventolare in questa zona e noi dobbiamo poter riferire al Consiglio di Sicurezza dell’Onu”, ha proseguito Tenenti. Oggi è “molto difficile continuare l’attività di sorveglianza perché i bombardamenti sono incessanti – ha poi assicurato Tenenti -. Siamo stati attaccati più volte e ne abbiamo parlato pubblicamente. Tenenti ha quindi ricordato che l’Unifil “parla regolarmente con entrambe le parti per avviare una riduzione della tensione e metterle in guardia, poiché attaccare le forze di pace non è solo una violazione della risoluzione 1701 ma anche del diritto umanitario internazionale”. Per il portavoce dei peacekeeper “non esiste una soluzione militare”, bensì “discussioni a livello politico e diplomatico” per “evitare la catastrofe”.
Pieno sostegno
I paesi contributori di truppe alla missione di pace Unifil nel Libano meridionale – tra questi l’Italia che mette a disposizione circa 1200 unità – hanno ribadito il loro pieno sostegno alla missione e alle attività dei caschi blu. In una lettera aperta diffusa all’Onu i 50 paesi affermano di “considerare il ruolo dell’Unifil particolarmente cruciale alla luce dell’escalation della situazione nella regione”. I paesi condannano con forza i recenti attacchi ai caschi blu chiedendo che si fermino immediatamente e vengano adeguatamente indagati. Chiedono inoltre alle parti di rispettare la presenza di Unifil, tra cui “l’obbligo di garantire la sicurezza del suo personale in modo che possa continuare a espletare il suo mandato e svolgere la sua opera di mediazione e sostegno alla pace e alla stabilità’ nel Libano e nell’intera regione”.
Feriti
Un altro casco blu è stato ferito nel sud del Libano, è il quinto in due giorni. Lo fa sapere l’Unifil. “Ieri sera, un peacekeeper presso il quartier generale dell’Uifil” a Naqura “è stato colpito da colpi di arma da fuoco a causa di attività militari in corso nelle vicinanze… Non conosciamo ancora l’origine del colpo”, si legge in una nota in cui si precisa inoltre che le condizioni del peacekeeper sono “stabili”. Non è un militare del contingente italiano il casco blu dell’Unifil ferito la scorsa notte a Naqoura, nel sud del Libano. Secondo quanto si apprende da fonti qualificate della sicurezza, il peacekeeper ferito sarebbe indonesiano, la stessa nazionalità dei due militari colpiti e rimasti feriti due giorni fa quando un carro armato israeliano ha sparato contro una torretta di osservazione, sempre alla base di Naqoura.
Gravi danni
Gli scontri fra Israele e Hezbollah nel sud del Libano hanno inflitto “molti danni” alle postazioni dell’Unifil. Lo ha detto il portavoce dei Caschi Blu Andrea Tenenti. “Proprio ieri sera, sulla posizione delle forze di peacekeeping ghanesi, appena fuori, l’esplosione è stata così forte che ha distrutto alcuni dei container all’interno in modo molto grave”. Lavorare è “molto difficile perché ci sono molti danni, anche all’interno delle basi”, ha aggiunto.
Fonte Ansa