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Ue, rush finale per l’accordo: Michel rilancia il pressing sui frugali

Ancora alta la barricata dei Paesi Bassi, Danimarca, Svezia, Austria e Finlandia. Il presidente del Consiglio prova a scuotere: "Uno strappo sarebbe segno di debolezza"

Ora è tutti contro Rutte. O Rutte contro tutti, è lo stesso. Dopo un’altra giornata di vertice in Consiglio europeo, bilaterali, pranzi e cene di lavoro, non sembra si siano mossi chissà quali passi. Anzi, prima il premier ungherese Viktor Orban, poi il corrispettivo italiano Giuseppe Conte, mettono nel mirino il collega olandese, reo di aver dato il là al tira e molla che sta impantanando le discussioni a Bruxelles. Il leader magiaro è stato duro, dicendo chiaramente a Rutte che “se l’intesa non si fa è colpa sua”, in quanto “responsabile di tutto il caos di ieri”. Altrettanto lapidario il commento del premier italiano, già nelle scorse ore tutt’altro che tenero nei confronti del politico olandese: “Se i mercati Ue crolleranno, Rutte né risponderà”. Anche se, notizia dell’ultimissima ora, per i tedeschi qualche spiraglio inizierebbe a esserci.

Asticella distante

In sostanza, a fronte di una giornata di intenso dibattito in sede europea, la sensazione è che le conferme siano arrivate solo per le previsioni più pessimistiche. I Paesi frugali continuano a tenere alta la barricata, con tanto di richiesta dei meccanismi di rimborso sul bilancio comunitario di 25 miliardi, proposta lontana dai 400 miliardi a fondo perduto avanzata dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. E Orban rincara su Rutte, non dimenticando che in ballo c’è la questione Articolo 7: “Ci sta attaccando duramente e ha fatto capire che visto che, a suo avviso, l’Ungheria non rispetta lo Stato di diritto deve essere punita finanziariamente.Ma questa è la sua personale opinione e non è accettabile perché ancora sulla situazione dello Stato di diritto in Ungheria non c’è una decisione”.

Ue, in gioco la credibilità

Da Bruxelles, in pratica, non filtra chissà quale ottimismo, anche se la riunione si prolungherà molto probabilmente a oltranza. L’augurio di Michel è che, alla fine, prevalga il senso di comunità: “I 27 leader responsabili nei confronti dei popoli d’Europa sono in grado di costruire unità e fiducia nell’Europa? Oppure, attraverso uno strappo, presenteremo il volto di un’Europa debole, minata dalla sfiducia?”. Come a dire che in gioco c’è la credibilità dell’Ue intera. Si era capito, ma l’impasse resta. Ai leader il compito di sbrigliare la matassa cercando di mantenere l’equilibrio fra misure di sostegno e compattezza comunitaria.

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