Un rumore assordante e un unico frammento di video a riprendere una delle peggiori tragedie del Dopoguerra. Un 14 agosto iniziato con la pioggia, quello del 2018. Soprattutto a Genova, dove la vigilia di Ferragosto i vacanzieri attraversavano il Polcevera in viaggio per le proprie mete della parte finale dell’estate. Il disastro del Ponte Morandi ha segnato un punto di non ritorno nella storia del nostro Paese, una rottura con l’illusione di un passato in grado di sopportare gli inevitabili mutamenti del tempo. Quarantatré vittime, 11 feriti e quasi 600 sfollati: un bilancio drammatico, come un dramma fu il crollo improvviso di una struttura che, piombando nel torrente sottostante, ha diviso la città di Genova. E aperto una ferita che, a quattro anni di distanza, non accenna a smettere di far male.
Ponte Morandi, un nuovo dolore
La stesse Egle Possetti, presidente del Comitato Ricordo vittime del Ponte Morandi, parla di una ferita sempre aperta. Con un ulteriore dolore: “Quattro anni dopo quello che ci fa più male è la cessione della concessione. È inaccettabile quello che è successo, inaccettabile che questa concessione, già scritta come nessuno di noi l’avrebbe scritta neanche per comprare una bicicletta, non sia stata stracciata ma addirittura remunerata agli azionisti, una cosa che umanamente non potremo mai accettare, tutti dovrebbero sapere cosa è successo e a raccontarlo rimangono sbalorditi”. Parole arrivate pochi minuti prima dell’inizio della cerimonia di commemorazione e della messa, officiata dall’arcivescovo di Genova Marco Tasca. Presenti, oltre al sindaco Bucci, anche il governatore della Liguria, Giovanni Toti, e l’imam.