Papa Francesco ha dato la sua approvazione al riconoscimento del martirio, che apre le porte alla beatificazione, di un sacerdote della Chiesa greco-cattolica ucraina ucciso nel 1953 dal regime dell’Unione sovietica. Il Pontefice ha autorizzato la Congregazione per le cause dei santi ad emettere il decreto riguardante il martirio del Servo di Dio Pietro Paolo Oros, sacerdote dell’eparchia di Mukačevo, in Ucraina.
Le origini e la vocazione del Servo di Dio Pietro Paolo Oros
Oros era nato il 14 luglio 1917 nel villaggio ungherese di Biri, in una famiglia profondamente cristiana. Il padre era sacerdote greco-cattolico e scomparve quando Petro aveva 2 anni. A 9 anni perse la madre. Nel 1937 entrò nel seminario di Uzghorod, nella Transcarpazia, al confine tra Ucraina e Ungheria. Il 18 giugno 1942 fu ordinato sacerdote celibatario dell’Eparchia greco-cattolica di Mukachevo, in Ucraina, e iniziò il servizio pastorale in alcuni villaggi come vice-parroco, facendosi subito apprezzare per lo zelo e l’amore per i poveri. Nel 1943, a motivo della guerra, seguì un corso per cappellani militari a Barca, presso Košice, capoluogo della regione omonima della Slovacchia. Ritornò nella sua parrocchia che, nel 1944, finì, come tutto il territorio della Transcarpazia, sotto l’occupazione delle truppe sovietiche dell’Armata Rossa e unito alla Repubblica Socialista Sovietica Ucraina, quindi all’Urss.
La persecuzione
Con l’annessione forzata iniziò la persecuzione della Chiesa greco-cattolica. Oros, nel 1946, venne trasferito a Bilky, nel distretto di Irshava, con l’incarico di parroco. Già allora ricevette pressioni perché passasse alla Chiesa Russa Ortodossa. Pressioni che si intensificarono nel 1948. Lui si oppose, rimanendo fedele al Papa. Nel 1949 fu proibito poi lo svolgimento delle attività pastorali e tutte le chiese greco-cattoliche furono chiuse.
Il martirio
Quando, nel 1949, la Chiesa greco-cattolica fu messa fuori legge e le personalità che godevano di stima nella società eliminate sistematicamente, il servo di Dio continuò a svolgere clandestinamente il ministero. Un mandato di arresto nei suoi confronti partì nel 1953. Cercò di mettersi in fuga, ma il 28 agosto un poliziotto lo fermò presso la stazione ferroviaria nel villaggio di Siltse e lo uccise. Subito l’assassinio fu ritenuto un martirio, malgrado il corpo del sacerdote sia rimasto occultato sino alla disgregazione dell’Unione Sovietica.