Il presidente incaricato ha garantito che scioglierà la riserva il prima possibile e assicura che faciliterà il percorso della legge elettorale. Già iniziate le consultazioni, il premier vedrà anche i gruppi di opposizione, ma Lega e M5s non si presenteranno; per loro ogni ipotesi che non siano le elezioni immediate non ha senso. E dunque nemmeno andranno a parlare. Nella cornice della maggioranza anche i verdiniani, incontrati domenica sera, che avranno un ministro.
Si era detto lunedì, ma è possibile che l’annuncio scivoli a domani, vista la difficoltà di ricreare un puzzle che comprenda tutti i pezzi di una maggioranza che, per voler fare una battuta con le parole di Renzi, ha l’aspetto di un’accozzaglia. Si tratta di “tempi tecnici”, viene fatto trapelare, che poco incidono nella tempistica della piena operatività dell’esecutivo (prevista già da martedì sera a fiducia ottenuta).
Intanto dalle 10, a ritmi stabiliti, sono iniziate le consultazioni, a partire dalla delegazione di Fdi, nella Sala del Cavaliere di Montecitorio. Dopo Fdi, Gentiloni vede la delegazione di Svp, quindi quella dei Civici Innovatori, poi quella del gruppo per le Autonomie, attorno alle 11 quella di Cor, alle 11:15 quella di Ap, alle 11:45 quella di Fi, alle 12:30 quella di Gal e alle 14 quella del Pd.
Stando ai boatos, potrebbero restare al loro posto le due ministre che nel governo uscente hanno avuto enorme visibilità: Maria Elena Boschi e Marianna Madia. Se per la titolare della P.A. la strada sembra tracciata, per la prima il discorso si fa più complicato: Renzi le avrebbe chiesto di rimanere (pur lasciando il ministero delle Riforme) per guidare i Rapporti con il Parlamento o, in seconda battuta, ricoprire il ruolo di sottosegretario alla Presidenza al posto di Claudio De Vincenti (destinato a via Veneto al posto di Calenda).
Le resistenze interne al Pd e la necessità di riequilibrare i pesi tra i democratici, infine, disegnano per la Boschi anche un futuro da Capogruppo con uno ‘switch’ a favore di Ettore Rosato. Resta saldamente al suo posto, al Tesoro, Pier Carlo Padoan che deve trasferire nel nuovo governo pesantissimi dossier: le banche e i conti pubblici con l’alea di una correzione della manovra “imposta” dall’Ue. Probabili conferme anche perDario Franceschini alla Cultura (restio a legarsi a ministeri troppo ‘pesanti’ in chiave congressuale), Andrea Orlando alla Giustizia e Roberta Pinotti alla Difesa.
Dovrebbe resistere – almeno nei numeri – anche la compagine Ncd al governo con i suoi tre ministri (oltre ad Alfano conta su Beatrice Lorenzined Enrico Costa).
Dati per certi uscenti, invece, i ministri del Lavoro Giuliano Poletti e dell’Istruzione Stefania Giannini (che durante il governo Renzi è passata da Scelta Civica al Pd). Anche per motivi di correnti interne al Partito democratico, al posto di Giannini potrebbe essere promossa la responsabile Scuola del Pd Francesca Puglisi mentre al Lavoro potrebbe andare il vice ministro allo Sviluppo Economico Teresa Bellanova.
Potrebbe cambiare il vento anche all’Ambiente: stando ai rumors Gian Luca Galletti verrebbe sostituito da Ermete Realacci, amico fraterno di Gentiloni (con l’Udc – sempre secondo i rumors da totoministri – risarcita dalla Farnesina per Casini). Tra le new entry nell’esecutivo Gentiloni viene indicato il nome di Lorenzo Guerini che in questo caso lascerebbe la poltrona di vicesegretario del Pd. Un incarico che passerebbe a Maurizio Martina che altrimenti si vedrebbe riconfermato all’Agricoltura.
Restano da collocare i verdiniani che potrebbero puntare sull’ex presidente del Senato Marcello Pera (all’Istruzione, rifiutata da Gianni Cuperlo) o su Giuliano Urbani.