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Covid: lieve calo dei nuovi casi, decessi in aumento

In un giorno sono stati effettuati 222.926 tamponi, rispetto ai 224.969 delle precedenti 24 ore, e il tasso di positività è stabile al 20,1%

Leggera diminuzione dei nuovi casi giornalieri di positività al Covid individuati nel nostro Paese, mentre i decessi risalgono, in base agli ultimi dati del Ministero della Salute. Torna a salire in tutte le regioni la curva dei ricoveri nelle terapie intensive, secondo le analisi del matematico Giovanni Sebastiani, dell’Istituto per le Applicazioni del calcolo “M. Picone”, del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr).

I dati

I nuovi casi Covid registrati nelle ultime 24 sono 44.853, quando ieri erano stati 45.225, mentre i decessi passano da 43 a 56.

I tamponi molecolari e antigenici effettuati in un giorno sono 222.926, rispetto ai 224.969 delle 24 ore precedenti, mentre il tasso di positività è stabile al 20,1%.

In aumento di nove unità i pazienti in terapia intensiva, 180, mentre ricoverati nei reparti ordinari sono 5.188 (115 in più).

Sebastiani (Cnr)

Dopo l’aumento dei casi di Covid, in Italia torna a salire in tutte le regioni anche la curva dei ricoveri nelle terapie intensive; per quanto riguarda i ricoveri nei reparti ordinari, quattro regioni hanno superato la soglia del 15%. I decessi sono al momento in una fase di stasi, con un valore medio di 40 al giorno, e si prevede a breve una fase di crescita, secondo le analisi di Sebastiani. “L’analisi dei dati di occupazione negli ospedali mostra che, come previsto e analogamente a quanto accaduto in precedenza per i reparti ordinari, tre giorni fa è stato raggiunto il minimo della curva media di occupazione dei reparti di terapia intensiva, che ora è in crescita. A livello regionale – osserva l’esperto – l’analisi delle differenze settimanali della sequenza dell’occupazione dei reparti ordinari mostra che tutte le regioni sono in crescita, a parte Molise, Sardegna e Valle d’Aosta, con l’ultima che presenta grandi oscillazioni”. L’analisi indica inoltre che tre regioni sono tra il 10 e il 14%: Abruzzo (11%), Calabria (14%) e provincia autonoma di Trento (13%); sono tra il 15% e il 19%: Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta (entrambe al 16%), superano il 20% Umbria (21%) e provincia autonoma di Bolzano (24%). “Lo stesso tipo di analisi per la sequenza dell’occupazione dei reparti di terapia intensiva – prosegue Sebastiani – mostra che sono in fase di crescita Friuli Venezia Giulia, Liguria, Toscana, provincia autonoma di Trento e Umbria. I livelli attuali di occupazione sono comunque sotto il 10%“. Per quanto riguarda la distribuzione geografica dei ricoveri, il matematico osserva che la crescita si concentra al Nord e al Centro, evidenziando “il ruolo svolto dal fattore climatico”. Inoltre “la localizzazione nel tempo dell’accelerazione della circolazione del virus mette in luce il ruolo (che finalmente nessuno nega più in Italia) svolto dalle attività didattiche e da quelle ad esse connesse (sociali, trasporti e altre)”, rileva l’esperto. “Al di là della decadenza degli obblighi vari, mi aspetto che, come già accaduto in passato, una frazione grande della popolazione abbia già messo in atto le dovute contromisure, in primis l’uso della mascherina Ffp2 nei luoghi chiusi o affollati”, aggiunge. Dai comportamenti individuali e dal fattore climatico, secondo Sebastiani “dipenderà essenzialmente il massimo dell’espansione corrente e il tempo in cui verrà raggiunto”. In ogni caso è già possibile dire che “le temperature nei prossimi quattro mesi si abbasseranno sensibilmente e questo fornirà indirettamente un impulso rilevante alla circolazione del virus. E’ bene quindi che alla popolazione, in particolare ad anziani e soggetti con comorbidità, vengano somministrati i nuovi vaccini contro Omicron e sottovarianti.”, considerando che ” dopo 12 mesi l’efficacia dei vaccini del tipo precedente scende al 5% per Omicron”. L’esperto osserva infine che “chi pensava che il vaccino antiCovid fornisse un’immunità permanente, dimentica che il vaccino contro l’influenza viene fatto ogni anno. La differenza è che il virus SarsCov2 muta molto di più del virus dell’influenza ed è chiaro che il numero medio di mutazioni in un certo tempo cresce proporzionalmente all’incidenza, che andrebbe per questo motivo tenuta bassa, al di là della lieve sintomatologia che si rileva nella maggioranza dei casi”.

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