Mentre l’Europa cerca di dare una risposta alla sempre crescente ondata di profughi che sta invadendo le sue frontiere, i migranti continuano ad affluire ai confini orientali per cercare di arrivare agli Stati orientali, dove molto spesso sono attesi dai loro parenti. E mentre si parla di quote, sanzioni per chi non le rispetta, Stati che costruiscono muri per avanzare l’ondata di rifugiati.
Intanto il piano Juncker per la redistribuzione di 120.000 sfollati ha superato l’approfondito esame del Collegio dei Commissari, che si è riunito a Strasburgo. Lo riferiscono fonti europee. L’approvazione formale è prevista per domattina, poco prima che il presidente lo presenti alla plenaria del Parlamento Ue nell’ambito del Discorso sullo Stato dell’Unione.
Il dibattito fra gli eurodeputati sul precedente piano ha evidenziato le differenze fra schieramenti politici e Paesi: da un lato, chi ritiene che la redistribuzione proposta sia un primo passo positivo, anche se visti i numeri e le previsioni sui prossimi flussi potrà rivelarsi solo una goccia nel mare, dall’altro chi si oppone al principio di imporre una tale distribuzione perché questo creerebbe un effetto di attrazione anche di migranti economici, aumentando le difficoltà nell’accoglienza, e sostiene che occorre puntare piuttosto a un maggiore controllo dei confini.
Alcuni grandi paesi, a partire da Francia e Germania, hanno già confermato nei giorni scorsi di volersi far carico delle quote stabilite. Domani, si conosceranno i dettagli della proposta anche riguardo all’entita’ del “prezzo” in termini di contributo al bilancio Ue, che i paesi che non accettano le quote dovrebbero pagare (secondo le anticipazioni di oggi, dovrebbe essere una quota molto esigua del Pil nazionale).
Dopo la decisione austriaca e tedesca di aprire le frontiere ai profughi che premevano sull’Ungheria per procedere verso nord, la Germania continua a proporsi come capofila dell’accoglienza. Oggi il vicecancelliere Sigmar Gabriel, parlando alla rete Zdf, ha spiegato che Berlino può gestire fino a mezzo milione di profughi all’anno.
Un’apertura, questa, che non è condivisa da altri leader europei. Alla testa dei contrari all’apertura delle frontiere c’è proprio il primo ministro ungherese Viktor Orban, il quale nei giorni scorsi si è segnalato per una serie di dichiarazioni sulla capacità di tenuta a livello culturale e religioso dell’Europa di fronte a un’ondata migratoria prevalentemente musulmana.
Orban, che ieri ha di fatto licenziato il suo ministro della Difesa accusato di essere troppo lento nella costruzione della barriera anti-immigrati, s’è recato in uno dei punti di principale pressione dei profughi, Roszke, dove ha chiarito che l’allestimento di tale muro di filo spinato va accelerato il più possibile.