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ATENE-EUROPA, TRA I DUE LITIGANTI PUTIN GODE

Vladimir Putin continua a seguire con interesse l’evolversi della crisi greca, pronto a lanciare l’affondo decisivo per portare Atene nell’area di influenza russa. Un piano che il leader del Cremlino coltiva da quando i trattati tra il governo di Tsipras e l’Unione Europea sono giunti al punto di rottura. In un momento geopoliticamente complicato, in cui la Russia deve fare i conti con un economia in condizioni critiche e con le sanzioni imposte dall’Ue per la guerra in Ucraina, l’asse con la Grecia potrebbe rivelarsi un’autentica mano santa. Il presidente russo, che non si è mai spinto sino a proposte concrete – le casse statali non glielo permetterebbero – non intende rinunciare al suo ruolo di convitato di pietra nella crisi. Anzi ha rilanciato, ora che l’esito del referendum mette l’Europa ancora più in difficoltà rispetto al da farsi per arrivare a una soluzione.

Ieri il capo del Cremlino ha chiesto un colloquio telefonico con Tsipras: i due si sono parlati durante una pausa delle consultazioni a livello tecnico in videoconferenza dell’eurogruppo, a cui il premier greco ha voluto assistere. Putin ha espresso il proprio “sostegno al popolo greco per le difficoltà che il Paese deve superare” e ha discusso con il collega “diverse questioni legate allo sviluppo della cooperazione russo-greca”. Tradotto: probabilmente niente di nuovo rispetto ai già concordati progetti sul gas. Poco prima, il portavoce del Cremlino aveva dichiarato di sperare che la Grecia trovi “il prima possibile il compromesso necessario con i creditori e che prenda le decisioni che contribuiranno nel miglior modo possibile alla stabilità economica e sociale del Paese”. Dmitri Peskov ha poi precisato che Mosca “naturalmente rispetta la volontà espressa con il plebiscito” per il “no” al voto di ieri e ha ribadito i legami “molto stretti” tra Mosca e Atene.

Tra le due capitali, oltre a importanti interessi economici e diffusi investimenti fatti dai russi negli anni passati in Grecia, c’è la tradizionale sintonia tra “ortodossi”, che ha permesso a Putin e Tsipras nei mesi scorsi di giocare sul possibile asse, senza mai concretizzare. Per il capo del governo greco meglio non oltrepassare la linea rossa con i negoziati sul versante occidentale in corso e per il Cremlino meglio non fare promesse in tempi di crisi aggravata dalle sanzioni occidentali. Peraltro la Grecia, dopo essersi dissociata sulle misure contro la Russia, alla fine le ha votate e Putin non ha fatto una piega. Anzi, ha promosso un accordo (preliminare) per il transito su territorio greco del futuro gasdotto South Stream, prospettando un prestito per la realizzazione della tratta greca e la rinuncia di Gazprom alla proprietà, cosa d’altronde necessaria se non vuole il progetto bloccato in anticipo dall’Ue.

Per il resto, dal vicepremier Arkady Dvorkovich, al ministero delle Finanze, il ritornello russo è da settimane lo stesso: pronti a dare aiuti finanziari se Atene li chiederà, ma niente cifre e comunque Atene non li ha chiesti. Della crisi greca parleranno di certo il presidente Putin e il collega cinese Xi Jinping durante il loro prossimo incontro a margine del summit Brics a Ufa, in Russia, dall’8 al 10 luglio. E proprio da questo summit potrebbe arrivare una sorpresa: la Russia ha smentito oggi di avere offerto alla Grecia di entrare nella Nuova Banca di Sviluppo che il gruppo di cinque Paesi emergenti sta per lanciare, con un capitale iniziale di 50 miliardi di dollari, tuttavia la settimana scorsa la cosa era stata ipotizzata a livello governativo.

Intanto Atene ha ufficializzato il nome del nuovo ministro delle Finanze dopo le sorprendenti dimissioni di Yanis Varoufakis. Si tratta di Euclides Tsakalotos, che si presenta, e viene descritto, come l’anti Varoufakis, per lo stile riservato, la trasgressione nel vestiario che non va oltre una sciarpa gialla e nera e il velluto d’ordinanza, i toni moderati (e con leggero accento britannico, anche quando parla greco). Tsakalotos, che ha un profilo più autorevole rispetto a Varoufakis anche dal punto di vista esclusivamente accademico, viene considerato l’autore delle politiche economiche del partito in cui milita da una decina d’anni. Le idee che difende tuttavia non sono molto diverse da quelle del suo predecessore. Autore o coautore di sei diversi saggi, fra cui l’ultimo in ordine di tempo in cui attribuisce la crisi del suo paese non tanto a una crisi economica quanto a una “crisi di democrazia” dell’eurozona in cui vuole che Atene rimanga. Nato a Rotterdam, cresciuto in Gran Bretagna, dove ha anche frequentato l’esclusiva St Paul school di Londra, è tornato in Grecia con la moglie inglese solo nei primi anni Novanta.

 

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