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Anniversario di preghiera per papa Francesco

Sette anni fa si insediava sul Soglio di Pietro il vescovo di strada Jorge Mario Bergoglio scelto in conclave "quasi dalla fine del mondo". Stasera il Rosario per invocare la fine dell'epidemia

Stasera papa Francesco prega con la Chiesa italiana di cui Primate per invocare la fine della pandemia. Sette anni fa, il 19 marzo 2013, con la Messa di insediamento a San Pietro, iniziava il pontificato della misericordia. E’ un anniversario triste, ma la sua azione prosegue al servizio della “Chiesa povera per i poveri”. Il presidente della Repubblica, Sergio Matterella gli ha rivolto gli auguri a nome di tutta la comunità nazionale.

Il segno di suffragio e consolazione per le vittime dell’epidemia

Oggi la Cei ha annunciato per venerdì 27 marzo un segno di suffragio e di consolazione dei vescovi italiani nei cimiteri delle loro diocesi, mentre l’immagine dei mezzi militari, che trasportano le bare verso i forni crematori, rende in maniera plastica la drammaticità di quello che il Paese vive. Per il rispetto delle misure sanitarie, tanti di questi defunti sono morti isolati, senza alcun conforto, né quello degli affetti più cari, né quello assicurato dai sacramenti. “Le comunità cristiane, pur impossibilitate alla vicinanza fisica, non fanno mancare la loro prossimità di preghiera e di carità- spiegano alla Conferenza episcopale italiana-.Tutti i giorni i sacerdoti celebrano la Messa per l’intero popolo di Dio, vivi e defunti. L’attesa è per la fine dell’emergenza, quando si potrà tornare a celebrare l’Eucaristia insieme, in suffragio di questi fratelli”.

Il capo dello Stato, Sergio Mattarella, e Papa Francesco – Foto © Vatican News

Triplice atto d’amore

Non a caso Francesco, primo vicario di Cristo proveniente dal Nuovo Mondo, ha iniziato il primo saluto ai fedeli dopo l’elezione al Soglio di Pietro dicendo “Buonasera!“, come si fa
all’inizio di ogni celebrazione in Sud America iniziando la messa. E poi ha detto “il dovere del conclave era di eleggere un vescovo per Roma. Sembra che i miei confratelli cardinali abbiano dovuto andare a prenderlo quasi alla fine del mondo“. È questo background culturale che Jorge Mario Bergoglio ha. Per lui il Concilio Vaticano II è un evento straordinario di grazia, che, come affermò il beato Paolo VI, ha avuto il carattere d’un atto d’amore, d’un grande e triplice atto d’amore: verso Dio, verso la Chiesa, verso l’umanità. Jorge Mario Bergoglio richiama spesso l’allocuzione pronunciata da Giovanni Battista Montini all’inizio della quarta sessione il 14 settembre 1965. Secondo Francesco questo rinnovato atteggiamento di amore che ispirava i padri conciliari ha portato anche, tra i suoi molteplici frutti, ad un modo nuovo di guardare alla vocazione e alla missione dei laici nella Chiesa e nel mondo, che secondo Jorge Mario Bergoglio ha trovato espressione anzitutto nelle due grandi Costituzioni conciliari Lumen Gentium e Gaudium et Spes. Questi documenti basilari del Concilio considerano i fedeli laici
entro una visione d’insieme del Popolo di Dio, a cui essi appartengono assieme ai membri dell’ordine sacro e ai religiosi, e nel quale partecipano, nel modo loro proprio, della funzione sacerdotale, profetica e regale di Cristo stesso.

La lezione del Vaticano II

Il Concilio, a giudizio di Francesco, non guarda ai laici come se fossero membri di “second’ordine”, al servizio della gerarchia e semplici esecutori di ordini dall’alto, ma come discepoli di Cristo che, in forza del loro Battesimo e del loro naturale inserimento “nel mondo”, sono chiamati ad animare ogni ambiente, ogni attività, ogni relazione umana secondo lo spirito del Vangelo, portando la luce, la speranza, la carità ricevuta da Cristo in quei luoghi che, altrimenti, resterebbero estranei all’azione di Dio e abbandonati alla miseria della condizione umana. Nessuno meglio di loro può svolgere il compito essenziale di iscrivere la legge divina nella vita della città terrena Sull’ampio sfondo di questa dottrina conciliare, Francesco inserisce il decreto Apostolicam Actuositatem, che tratta più da vicino della natura e degli ambiti dell’apostolato dei laici. Questo documento ha ricordato con forza che la vocazione cristiana è per sua natura anche vocazione all’apostolato, per cui l’annuncio del Vangelo non è riservato ad alcuni “professionisti della missione“, ma dovrebbe essere l’anelito profondo di tutti i fedeli laici, chiamati, in virtù del loro Battesimo, non solo all’animazione cristiana delle realtà temporali, ma anche alle opere di esplicita evangelizzazione, di annuncio e di santificazione degli uomini. Secondo Francesco questo insegnamento conciliare ha fatto
crescere nella Chiesa la formazione dei laici, che “tanti frutti ha già portato fino ad ora”.

Maxischermi in Piazza San Pietro – Foto © Vatican Media

Santa Madre Chiesa

Durante il Grande Giubileo del 2000, Karol Wojtyla disse: “Una nuova stagione si apre dinanzi ai nostri occhi: è il tempo dell’approfondimento degli insegnamenti conciliari, il tempo della raccolta di quanto i Padri conciliari seminarono e la generazione di questi anni ha accudito e atteso. Il Concilio ecumenico Vaticano II è stato una vera profezia per la vita della Chiesa; continuerà ad esserlo per molti anni del terzo millennio appena iniziato”. Parole scandite da san Giovanni Paolo II il 27 febbraio 200 nel discorso al convegno internazionale sull’attuazione del Concilio ecumenico Vaticano II. Sulla scia del suo predecessore polacco da lui canonizzato, Francesco esorta “pastori e fedeli laici ad avere nel cuore la stessa ansia di vivere e attuare il Concilio e portare al mondo la luce di Cristo“.

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