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AFGHANISTAN, IL PIANO DEL MULLAH PER FERMARE L’ISIS

Via libera ai colloqui di pace tra il governo di Kabul e i talebani. L’Amir ul Momineen, il capo dei credenti, Mullah Omar ha diffuso un messaggio in occasione del giorno dell’Eid al Fitr, fine del Ramadan e apre uno spiraglio nella lunga guerra civile in Afghanistan. “Se guardiamo alle nostre regole religiose, possiamo trovare che gli incontri o anche le pacifiche interazioni con il nemico non sono proibiti”, ha scritto il leader talebano dicendo che è “legittimo” condurre negoziati per porre fine al conflitto. “Insieme alla jihad armata, gli sforzi politici e le strade pacifiche per raggiungere i sacri obiettivi rientrano in un legittimo principio dell’Islam”, ha osservato. La scorsa settimana una delegazione dell’Alto Consiglio per la Pace afgano si era riunita con rappresentanti talebani a Murree, località turistica collinare a nord di Islamabad nel tentativo di far tacere le armi dopo più di 13 anni. E’ stato concordato che ci saranno nuovi incontri nelle prossime settimane.

L’inizio del negoziato è stato salutato con soddisfazione da Kabul, Islamabad, Pechino, Washington e le Nazioni Unite. Anche se alcuni comandanti sono ottimisti, molti altri sono profondamente diffidenti. Si è di fatto creata una spaccatura tra il vecchio e il nuovo nella dirigenza del movimento talebano. Nella sua dichiarazione il Mullah Omar ha cercato di dissipare qualsiasi idea di una scissione. “Tutti i mujaheddin e connazionali dovrebbero essere certi che in questo processo, io difenderò i nostri diritti legali e il nostro punto di vista in tutto il mondo”, ha detto, aggiungendo che lo scopo dei colloqui è stato quello di “porre fine all’occupazione” dell’Afghanistan. Diverse riunioni informali si sono svolte negli ultimi mesi tra i rappresentanti talebani e i funzionari afghani e attivisti, ma il vertice della scorsa settimana ha visto un significativo passo avanti.

Questa inversione di rotta ha due presupposti principali. Il primo è senz’altro il cambio di vertice a Kabul. L’uscita di scena di Karzai, considerato dai talebani un fantoccio americano, e la presidenza di Gazhni hanno favorito la ripresa dei colloqui. Poi c’è il fatto incontrovertibile che i talebani controllano almeno di 70% del sudest dell’Afghanistan, gran parte dei villaggi e delle aree rurali anche nella provincia di Kabul. Queste le ragioni interne. Ma ad assumere questo atteggiamento pragmatico il Mullah Omar è stato spinto dall’avanzata dei sostenitori del Califfato dell’Isis anche nelle terre del Khorasan. E infatti nel suo messaggio il capo dei talebani risponde alle accuse di Abu Bakr al Baghdadi che lo indica come asservito al Pakistan e all’Iran, sostenendo la lunga battaglia che vede da 36 anni i mujaheddin impegnati nel jihad contro invasori di ogni risma.

Del resto il Mullah Omar aveva avuto rapporti, come dimostrano i documenti desecretati dal FreedomAct, con il segretario di Stato dell’Amministrazione Clinton, Albright, dal 1999 al 2001. Funzionari afgani hanno avuto fino al 2001 contatti con lo staff di Bush senior. La pacificazione dell’Afghanistan avrebbe come diretta conseguenza la stabilizzazione delle zone di confine in Pakistan e un freno all’avanzata dell’Isis nella regione. La settimana scorsa nella provincia di Nagharar c’è stata una furiosa battaglia tra talebani fedeli al Mullah Omar e gruppi che hanno giurato fedeltà al Califfato. Sono molti i giovani afghani che decidono di preferire il concreto Al Baghadi allo sfuggente e misterioso Mullah Omar.
La Nato, che ha concluso la sua missione di combattimento nel Paese alla fine di dicembre – anche se una forza residua minore rimane per addestrare le forze afgane -, dovrebbe lasciare del tutto entro la fine del 2016. L’eventualità di un’espansione dell’Isis in Afghanistan sarebbe devastante. Il Califfato è intransigente e non vuole negoziare con nessuno: il suo fine è quello di unificare le terre islamiche dal Mediterraneo all’India.

L’accordo sul nucleare con l’Iran e l’avvio di colloqui di pace Afghanistan potrebbe aprire una nuova stagione di pace grazie a nuovi equilibri nella regione. Dal 1992 ad oggi gli interventi armati fatti da coalizioni occidentali in Medio Oriente non solo non hanno risolto nulla ma hanno aggravato pericolosamente la situazione. Sono di fatto spariti due Stati, Iraq e Siria, altri sono in bilico, Yemen e Libia; il terrorismo jihadista si è dato una struttura statuale, molto diverso dall’Emirato dei talebani. Solo un cambio di strategie e di alleanze può determinare un vero cambio di rotta e un freno all’espansione dei tagliagole dell’Isis. E questo lo ha compreso il Mullah Omar

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