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San Camillo de Lellis: 450 anni fa la sua conversione

Ci sono persone che in un momento particolare della propria vita, grazie ad un profondo cambiamento interiore, una vera “conversione” scelgono di dedicare tutta la loro esistenza verso il prossimo. E così è stato per l’abruzzese di Bucchianico, vicino Chieti, Camillo de Lellis (1550-1614) che, nato da una famiglia aristocratica, sembra che la madre fosse già molto anziana quando lo partorì; che crescendo, trascorse sia l’adolescenza che la gioventù in maniera turbolenta, segnata dal gioco d’azzardo e da una vita dissoluta.

Nel 1570 un’ulcera al piede lo costrinse ad abbandonare la carriera militare, e fu costretto a farsi curare a Roma, presso l’Ospedale di San Giacomo degli Incurabili nel marzo del 1571, una volta guarito rimase come inserviente presso lo stesso ospedale, ma vista la sua scarsa voglia di lavorare, venne allontanato. Dopo la morte del padre, divenne soldato di ventura, arruolandosi nell’esercito di Venezia e poi della Spagna, partecipò anche alla campagna contro i Turchi, successivamente, attraverso il gioco dei dati sperperò la sua eredità e si ritrovò spesso in situazioni precarie.

E così il giovane Camillo, cominciò a girovagare per l’Italia, quando decise di fermarsi dai frati Cappuccini di Manfredonia, in Puglia, questi dopo poco tempo lo inviarono al convento di S. Giovanni Rotondo. Qui viene accolto dal guardiano padre Angelo, che si intrattiene con lui nel pergolato dell’orto e gli fa “un breve ragionamento spirituale”, parlandogli di Dio e del senso dell’esistenza. Camillo si commuove, è fortemente scosso.

La mattina del 2 febbraio 1575, festa della Purificazione della Vergine Maria, riparte in direzione di Manfredonia. Qui, sull’altopiano pietroso del Gargano, avviene la sua conversione. Leggiamo in una vecchia cronaca quanto disse Camillo: “Ah, misero me, che grande cecità è stata la mia vita senza conoscere prima il mio Signore! Perché non mi sono speso per servirlo? Perdona Signore, perdona a questo gran peccatore”. Non bisogna dimenticare che il XVI secolo, quello in cui visse Camillo, fu caratterizzato dalla diffusione di nuove malattie, come la sifilide e la peste, che misero a dura prova il sistema sanitario dell’epoca. Gli ospedali erano spesso luoghi insalubri e sovraffollati, dove i malati erano assistiti in modo inadeguato. Dopo la conversione, Camillo de Lellis si dedicò anima e corpo all’assistenza ai malati, fondando nel 1586 l’Ordine dei Chierici Regolari Ministri degli Infermi, più noti come Camilliani.

Essi si distinsero per la loro dedizione ai malati e per la loro professionalità. Camillo de Lellis promosse una visione integrale della cura, che comprendeva non solo l’aspetto fisico, ma anche quello spirituale e psicologico. Molti poveri si ammalavano e finivano negli ospedali, che diventavano così luoghi di emarginazione sociale. Camillo de Lellis si dedicò anche alla loro assistenza cercando di offrire oltre che un aiuto concreto anche un sostegno spirituale, egli promuove un approccio più umano e personalizzato alla cura dei malati.

Camillo, ritornò proprio nell’ospedale romano del San Giacomo, dove si cercava di curare le malattie più terribili, e in questo luogo degli “incurabili”, giungevano, i sofferenti più ripugnanti, i cosiddetti rifiuti della società. I Camilliani si distinsero per la loro dedizione ai malati, la loro caratteristica più distintiva fu l’introduzione della Croce Rossa sull’abito religioso, simbolo della loro missione di assistere tutti i malati senza distinzione. Naturalmente tutta l’opera iniziata da Camillo ha avuto una grande influenza sulla storia dell’assistenza sanitaria e continua ancora oggi a essere un esempio di carità e di dedizione al prossimo.

Nel 1614 Camillo de Lellis, morì a Roma, a soli 64 anni e Papa Benedetto XIV (1740-1758) prima lo beatifica nel 1742 e quattro anni più tardi, lo eleva agli onori dell’altare. Nel 1886 papa Leone XIII (1878-1903)  lo dichiarò, insieme con san Giovanni di Dio (1495-1550) “Patrono degli ospedali e dei malati”; Pio XI (1922-1939) il 28 agosto 1930, lo proclamò, “Patrono degli infermieri”; Paolo VI (1963-19178) infine, nel 1964, lo proclamò Patrono della Regione Abruzzo e, nel 1974 “Protettore particolare della sanità militare italiana”. Il corpo di questo “apostolo degli infermi” riposa nella chiesa romana di Santa Maria Maddalena.

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