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Com’è nato il pellegrinaggio più famoso di Roma

In quest’anno Anno Santo, iniziato da qualche settimana, ci sono tante tradizioni e curiosità che ci riportano indietro nel tempo, ma che proprio il lo scorrere del tempo ci invita a ricordare .

Tra le tante tradizioni sicuramente c’era quella della visita alla sette chiese di Roma da parte dei pellegrini che giungevano nella Città Eterna, da ogni parte del mondo.

Quest’antica tradizione nacque per volontà di un santo, nato a Firenze, ma romano d’adozione, Filippo Neri (1515-1595), che volle introdurre nel periodo dell’Anno Giubilare la visita alle sette chiese. S. Pietro in Vaticano, S. Giovanni in Laterano, S. Maria Maggiore, S. Paolo e S. Lorenzo fuori le mura, San Sebastiano con le catacombe e S. Croce in Gerusalemme.

L’idea della visita alle Sette Chiese, così come la intendiamo oggi, nacque in un contesto molto preciso. Tutto ebbe inizio nel maggio del 1551, quando Filippo Neri, da poco ordinato sacerdote, che viveva nella chiesa di San Girolamo della Carità a Roma, i fedeli e pellegrini dopo essersi intrattenuti con questo umile prete, uscivano tutti insieme a fare una passeggiata con un percorso ben preciso.

Attraversavano ponte S. Angelo e dopo essersi fermati per una breve sosta, nei pressi dell’ospedale di S. Spirito in Sassia, questo gruppo  puntava diritto alla basilica di San Pietro, per una visita alla tomba dell’Apostolo, oppure se ne andava verso il colle Esquilino, a Santa Maria Maggiore.

La domenica o nei giorni di bel tempo e di festa, Filippo attendeva i suoi figlioli sul sagrato per una “scampagnata”. Allora il cammino si faceva più lungo e si andava in direzione delle Tre Fontane, della basilica di San Paolo; poi si proseguiva per la via Appia,  alle catacombe di San Sebastiano e dopo aver consumato un pasto, veloce, diremmo oggi,  si faceva ritorno passando per San Giovanni in Laterano e Santa Croce in Gerusalemme.

Filippo chiamava familiarmente  questi giri  per  la città “visite”.  Era come andare a casa di un amico, ma con la grande differenza che i posti e visitati erano i luoghi della memoria cristiana di Roma.

E così spontaneamente nacque il pellegrinaggio più famoso di Roma: la visita alle Sette Chiese. Bisogna tuttavia arrivare al 1552 perché il pellegrinaggio diventi una pratica stabile e organizzata. Con il crescere del numero dei partecipanti, Filippo decise infatti di dedicare al pellegrinaggio un giorno fisso dell’anno: il giovedì grasso. Così, il primo pellegrinaggio ufficiale alle Sette Chiese ebbe inizio il 25 febbraio 1552.

Filippo Neri, approfittò di opporre alla mondanità e agli eccessi del Carnevale romano un gesto di profonda devozione: la visita ai luoghi più santi della città. Questa iniziativa, accompagnata da meditazioni sulla Passione di Cristo, divenne ben presto una tradizione molto seguita e conduceva fedeli e pellegrini alla scoperta di alcune delle più importanti basiliche della città.

L’intero percorso di circa venticinque chilometri, diviso in due giornate, oltre alla celebrazione eucaristica a S. Sebastiano, prevedeva una sosta anche presso la Scala Santa. Ogni basilica, maggiore o minore che sia, rappresenta da secoli un pezzo di storia, un testimone, potremmo aggiungere di fede e di arte.

Tutto il “pellegrinare” si concludeva a S. Maria Maggiore, qui dopo una breve omelia di Filippo e un ultimo raccoglimento, tutti i fedeli e i pellegrini si salutavano intonando l’antico canto del “Salve Regina”.

Dalle cronache del passato, leggiamo che sotto il pontificato di Pio IV (1560-1565) i partecipanti alla visita alle “Sette chiese” raggiunsero il numero di circa seimila persone, che sull’esempio di Filippo Neri, avevano la possibilità di vedere e scoprire non solo la bellezza, ma anche la storia e le reliquie di santi e martiri custodite  nelle basiliche romane.

Secondo gli storici, tra questi l’agostiniano Onofrio Panvinio (1530-1568) ci racconta che Filippo Neri, avrebbe ripreso un’antica tradizione e forse già nel 1360 c’era un itinerario di pellegrini che comprendeva le sette basiliche, cosiddette “chiese regali”, perché pontefici e imperatori le avevano fondate e arricchite di tesori.

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