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Perché stavolta è decisivo andare alle urne

Alla vigilia delle elezioni europee del 26 maggio, si impongono alcune riflessioni. Mai come questa volta la partecipazione alle urne è decisiva, soprattutto per le generazioni future che dovranno convivere con le conseguenze di questo voto. L’esito della consultazione determinerà la forma e la direzione future dell'Ue. Eppure anche stavolta in Italia si parla di Europa solo per le conseguenze che lo scrutinio avrà sulla politica interna. Ad aggravare il quadro, però, è l’oggettivo scadimento del dibattito pubblico. Manca una politica “alta”, capace di orientare e coinvolgere l’opinione pubblica attorno a differenti ideali e visioni della società. La crisi che stiamo vivendo è una crisi sociale, politica e culturale: si è incrinato un modello di organizzazione politica che risaliva al dopoguerra. Abbiamo visto andare in malora un ceto politico e una struttura sociale le cui premesse erano state edificate dai padri costituenti d’Italia e d’Europa. “Viviamo da troppo tempo l’illusione che la libertà sia come l’acqua e la sprechiamo. Invece pace, libertà, sviluppo e giustizia non sono parole, ma i punti cardinali di una visione universale della vita fondata sul riconoscimento delle fragilità umane”, sostiene Giuseppe Tognon, professore di Storia dell’educazione alla Lumsa di Roma e presidente della Fondazione Alcide De Gasperi. La democrazia che siamo riusciti a costruire non è dotata di poteri autonomi e demiurgici e alla fine succhia il latte di chi la guida. L’Europa di De Gasperi, Schumann, Monnet, De Gaulle, Churcill, Adenauer, era la visione di “eroi” formatisi nella prima metà del secolo e che avevano visto – o creduto di vedere – tutto il peggio della storia. Erano dei visionari dotati di un’enorme esperienza della miseria e della guerra e di fedi forti in valori universali. “L'Europa oggi si trova in grosse difficoltà proprio per il venir meno di un po' di quei valori che erano stati alla base della sua istituzione, della sua creazione, e che sono fondamentalmente anche valori cristiani o che perlomeno si richiamano al patrimonio cristiano, come la solidarietà e la sussidiarietà”, afferma il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato e fine diplomatico. Al di là di quelle che sono le scadenze elettorali e dei loro risultati, l’Europa ha bisogno di ritrovare la sua anima. E’ trascorso un secolo ma sembra un millennio dall’appello “a tutti gli uomini liberi e forti” di don Luigi Sturzo, prete e politico scomodo, appassionato della libertà e sempre dalla parte dei deboli. Quelle idealità oggi appaiono sfocate come luci nella nebbia. C’è un indicatore che più degli altri indica lo smarrimento dell’elettorato europeo. Eurobarometro è il nome con cui è noto il servizio della Commissione europea che dal 1973 misura ed analizza le tendenze dell'opinione pubblica in tutti gli Stati membri. L'Eurobarometro di primavera mostra che i cittadini sono interessati soprattutto alla situazione dell'economia, alle prospettive occupazionali, alle migrazioni, ai cambiamenti climatici e alla lotta contro il terrorismo. Il futuro dell'Europa, continua il Parlamento, è ora nelle mani di coloro che andranno a votare. Sebbene più di un terzo dei cittadini dell'Ue (35%) è già sicuro di andare a votare, un altro terzo (32%) non è ancora convinto. Fra i giovani in età di voto, anche se hanno normalmente un’attitudine più positiva nei confronti dell'Ue (74%), solo il 21% è certo di andare a votare, mentre il 34% non ha ancora preso una decisione. Intanto si sono appena chiusi i termini per la presentazione anche delle candidature per le amministrative e le regionali (in programma sempre il 26 maggio), quando 3.856 comuni italiani, e la Regione Piemonte, saranno chiamati a rinnovare la propria amministrazione nell'election day insieme alle Europee. Tra gli enti chiamati alle urne, anche 22 capoluoghi di provincia e 6 capoluoghi di regione: Firenze, Bari, Perugia, Cagliari, Potenza, Campobasso. A 91 anni, Ciriaco De Mita tenta il bis a Nusco, comune dell'Avellinese dove è stato eletto sindaco 5 anni fa. Sono in crisi i sistemi politici tradizionali mentre avanzano i movimenti o partiti definiti populisti o sovranisti che invocano una discontinuità profonda con il passato. Il populismo è il sintomo, non la causa di una più profonda crisi di fiducia nella politica. Tocca a ciascuno di noi educare allo spirito critico e all’ironia.

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