“Quando avremo asciugato le lacrime, la politica dovrà darsi da fare per ricostruire nel rispetto delle regole”. E’ la promessa del presidente del Senato, Pietro Grasso, al termine dei funerali di stato delle vittime del terremoto che ha sconvolto l’Italia centrale. Ai media ha raccontato che mentre sorvolava in elicottero i paesini distrutti, il suo pensiero è andato alla tragedia del Belice. Sceso a terra ha incontrato i parenti delle vittime. Nei loro occhi, oltre alla tristezza, c’è tanta rabbia. Un’anziana terremotata, rivolgendosi alla seconda carica dello Stato, ha detto: “Devi smuovere tutto”. La risposta è stata: “Deve cambiare completamente il modo di affrontare queste cose. Noi abbiamo avuto L’Aquila. È stato fatto un decreto legge, poi trasformato in legge, per il rischio sismico, non solo in Abruzzo ma in tutta Italia. Questo progetto di analisi e di programmazione è stato finanziato, si e lavorato per capire la natura geologica del territorio, le priorità, gli interventi da fare. Però, se poi gli interventi non si fanno a regola d’arte per il rischio sismico tutto questo non è servito a niente allora”.
Tra le testimonianze, quella di un ex agente di scorta, incontrato alla cerimonia, che piangeva un suo caro, ucciso dal terremoto: “Non vogliamo disperdere la nostra comunità. Non vogliamo vedere andare via i nostri giovani. Ma anche gli anziani che ne sono parte integrante. Non vi scordate di noi quando i riflettori saranno spenti. Siamo nelle mani dello Stato”. Poi, un altro appello, ripetuto anche ad Amatrice: “Qui l’autunno non c’è. Fra 15 giorni arriva l’inverno” si raccomandano.
Dopo aver sostato davanti alla scuola elementare Capranica, ristrutturata ma crollata per la scossa del 24 agosto, Grasso ha affermato: “Non è possibile continuare con queste cose. Noi abbiamo avuto il Belice, io ero un ragazzo ma ancora paghiamo le accise per quei terremotati. Ci sono state commissioni d’inchiesta e tante parole. Abbiamo avuto l’Irpinia. Poi l’Aquila. Ma se poi i primi a cadere sono gli edifici simbolo dello Stato, la scuola, l’ospedale, la caserma dei carabinieri, vuol dire che siamo un Paese generoso nella solidarietà, ma non siamo in grado di seguire le regole”. Tuttavia “la prima grande opera pubblica è mettere in sicurezza il Paese. I controlli vanno avviati per tempo senza aspettare le indagini”. Perché “quando i riflettori si spengono sul terremoto – sottolinea -, possono esserci imprenditori tentati di diventare criminali e criminali che possono diventare imprenditori”.
Una paura comune a tutti gli abitanti della zona. Potrebbe capitare, infatti, che il terremoto si trasformi in un business, e che l’emergenza possa far nascere speculazioni a discapito della sicurezza. Su questo Grasso è durissimo: “Mai più scuole di sabbia”. Riferendosi a quella di Amatrice, osserva: “Se verranno accertate responsabilità di qualche imprenditore, questi non avrà più diritto di esercitare l’attività. Apprezzo la decisione del sindaco di costituirsi parte civile nell’inchiesta”. E ancora: “Dobbiamo trovare risorse e persone oneste che pensino che questi interventi servono a salvare la vita di altre persone». Infine l’invito alla politica a stare unita e a andare incontro alle richieste dei cittadini che «vogliono restare sul territorio”.