La Procura nazionale Antimafia lancia l’allarme sulle intercettazioni. Secondo il procuratore Franco Roberti la scelta, prevista nel ddl delega Pa, di prevedere una riduzione del 60% della tariffa riconosciuta ai gestori di rete telefoniche e del prezzo dei supporti adoperati per questo mezzo di prova potrebbe porre “a rischio la continuità e l’efficienza delle attività intercettative”, perché “si interviene sul piano esclusivamente economico in un settore particolarmente importante per il buon esito delle indagini”. Davanti alla commissione Affari Costituzionali della Camera Roberti ha spiegato che “è del tutto improprio il riferimento alla riduzione della tariffa, in quanto attualmente non viene applicata alcuna tariffa ma viene riconosciuto ai gestori un ristoro dei costi sopportati”.
La riduzione, ha spiegato il procuratore nazionale Antimafia, “andrebbe a operare sul ristoro dei costi e sostanzialmente si richiederebbe ai gestori di rinunciare a una parte dei costi sopportati, non del profitto. È verosimile ritenere e temere che ciò determinerebbe una seria contrazione degli investimenti da parte dei gestori nelle attività volte ad assicurare l’adempimento delle prestazioni obbligatorie. È lecito attendersi politiche minimaliste per adempiere predette prestazioni, andando al risparmio ovviamente, rinunciando ad evolvere i sistemi informatici e limitandosi a garantire attività basilari” di intercettazione e comunicazione dei dati”.
Inoltre, ha aggiunto Roberti, “il costo pagato dalle procure ai gestori telefonici rappresenta solo una parte minima rispetto al costo globale delle intercettazioni”, visto che almeno “il 75% del costo riguarda l’esborso diretto al noleggio degli apparati necessari per l’elaborazione delle conversazioni telefoniche. Esborso che non vede i gestori telefonici come interessati, ma le imprese alle quali tali attività vengono affidate dalle singole procure”. E si tratta, ha proseguito, “di una miriade di piccole medie e grandi imprese scelte dalle procure, talvolta con criteri trasparenti, talvolta con criteri di mera contingenza”. Il metodo scelto dal governo, in ogni caso, “introduce un taglio lineare rispetto ad attività varie e variabili”.
La conseguenza “sarebbe la verosimile impossibilità per le imprese piccole e medie di far fronte agli obblighi contrattuali”. Il rimedio indicato da Roberti è “una razionalizzazione della spesa complessiva in materia di intercettazioni che non può non passare attraverso una rivisitazione dell’intero sistema”. A partire dalla cosiddetta “gara unica”, ossia un “bando nazionale gestito dal ministero della Giustizia, per individuare in modo trasparente una ristretta rosa di imprese incaricate di fornire tutte le prestazioni relative alle intercettazioni. Non si capisce perché un’iniziativa di questo genere non abbia avuto ancora concreto seguito, secondo noi sarebbe una soluzione”.