Oltre duecento milioni di persone risultano oggi prive di un lavoro, altrettanti i lavoratori migranti, quasi un miliardo gli abitanti del pianeta che vivono sotto la soglia di povertà. La comunità internazionale non è all'oscuro di quanto accade, eppure l'impegno per porvi riparo appare ancora ampiamente insufficiente“. Lo ha ricordato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel corso del suo intervento a Ginevra durante la Conferenza internazionale dell'Ilo, l'agenzia specializzata dell'Onu che si occupa di problemi del lavoro.
Fenomeno
“La Convenzione sui lavoratori migranti del 1975, ad esempio, richiama la necessità – ha aggiunto – di promuovere spostamento di capitali e tecnologie piuttosto che di lavoratori. Esorta a evitare lo sviluppo di movimenti migratori incontrollati o non assistiti, per le loro conseguenze negative sul piano sociale e umano. Sottolinea la necessità di parità di opportunità e trattamento per tutti i lavoratori”.
Salari
Il capo dello Stato ha poi sottolineato che oggi nei Paesi sviluppati la “quota riservata alla remunerazione del lavoro (incluso il reddito dei lavoratori autonomi), è passata da una incidenza del 68% sul Pil a metà degli anni '70 del secolo scorso, al 58% di trent'anni dopo. Ancora, mentre il capitale umano rappresenta il 65% della ricchezza globale, nei Paesi a basso reddito raggiunge solo il 41%. Assistiamo, cioè, a un andamento decrescente della quota salari sulla ricchezza prodotta ogni anno. Se la globalizzazione e l'aumento degli scambi commerciali hanno contribuito a ridurre le disuguaglianze fra Paesi, questo non è avvenuto in egual misura all'interno degli stessi”.
Processi dirompenti
Secondo Mattarella la “rapidissima e frenetica riorganizzazione dei processi produttivi sulla base di catene di valore su scala globale, l'incisività delle innovazioni, la crescente frammentarietà delle carriere lavorative individuali, i movimenti migratori, l'invecchiamento della popolazione in alcune aree del mondo e la persistente disoccupazione giovanile, sono tutti processi dirompenti che, se non verranno governati, potrebbero produrre conseguenze potenzialmente imprevedibili“.
Giustizia sociale e pace
La pace è possibile, ha sottolineato, “solo in un regime di giustizia sociale; la giustizia sociale suppone un regime di cooperazione più che di competizione economica; l'universalità della pace si basa sul carattere internazionale della cooperazione; infine, si manifesta essenziale la cooperazione tra i diversi attori del processo produttivo. E da quest'ultimo aspetto si coglie anche quanto sia vitale il carattere tripartito, attribuito, sin dalla sua costituzione, all'organizzazione, con il concorso dei governi, delle organizzazioni degli imprenditori e di quelle dei lavoratori”. Una risposta all'interrogativo sul futuro del lavoro, non può che ripartire – ha aggiunto il capo dello Stato – “dai principi fondamentali affermati dalla Dichiarazione di Filadelfia del 1944, quando la Seconda guerra mondiale appariva avviata alla conclusione con la sconfitta del nazifascismo: 1) il lavoro non è una merce; 2) la libertà di espressione e di associazione sono condizioni essenziali del progresso sociale; 3) la povertà, ovunque esista, costituisce un pericolo per la prosperità di tutti“.
Principi
Mattarella ha poi invitato a ripetere con determinazione “no al lavoro minorile e no al lavoro forzato. Sì alla parità di genere; alla protezione dell'infanzia e della maternità; alla sicurezza sul lavoro; alla protezione sociale; al lavoro strumento di libertà e mezzo di elevazione del tenore di vita; all'eguaglianza nel campo educativo e professionale; all'esercizio del diritto alla contrattazione collettiva”.