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L'allarme di Mattarella sul clima

Significativi ma parziali”: così il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella descrive i risultati ottenuti dalle numerose conferenze internazionali tenute negli ultimi mesi sull'emergenza climatica, dalle quali è emerso un quadro definito sui rischi che il nostro pianeta sta correndo ma, a conti fatti, una linea forse poco chiara sulle necessarie contromisure a breve e lungo termine. Per il Capo dello Stato, intervenuto in Veneto alla commemorazione del disastro del Vajont, “siamo sull'orlo di una crisi climatica globale, per scongiurare la quale occorrono misure concordate a livello globale. E' il senso della sollecitazione sottoscritta, nell'autunno scorso, da alcuni Capi di Stato europei. Gli sforzi compiuti nelle conferenze internazionali che si sono succedute hanno, sin qui, conseguito risultati significativi ma parziali e ancora insufficienti”.

Dalla Vaia alla prevenzione

Parlando dal palco del Teatro comunale di Belluno, dove ha ricordato le 1917 vittime dell'inondazione del fondovalle del Toc, avvenuta il 9 ottobre 1963), Mattarella ha invitato a prendere coscienza dei rischi legati ai cambiamenti climatici e, nondimeno, a quelli connessi alla scarsa lungimiranza: “Non basta limitarsi a evocare la straordinarietà di fatti che si affacciano prepotentemente, per giustificare noncuranza verso una visione e progetti di più lungo periodo, è un incauto esercizio da sprovveduti”. In Veneto, ha spiegato “abbiamo avuto un positivo esempio di come l'attivazione, in via preventiva, della rete di Protezione civile abbia potuto mitigare le conseguenze del disastro sulle persone, sulla base di accurate previsioni meteorologiche”. Parlando della tempesta Vaia, avvenuta a ottobre, il Presidente ha precisato che mai come in quella occasione “è stato chiaro all'opinione pubblica italiana che i mutamenti climatici in atto nel mondo comportano effetti pesanti anche sull'ambiente del nostro Paese e sulle condizioni di vita della nostra popolazione. Sentire parlare della desertificazione di ampie fasce delle terre africane o dei violenti tifoni nei Caraibi, sulla costa occidentale degli Stati Uniti o in Asia, appariva qualcosa di remoto, che non ci riguardava”.

Apprendere dal passato

Ciò di cui c'è bisogno, sono “opere di contenimento e regimentazione” le quali, però, “se non suffragate dall'apprendimento delle precedenti esperienze, non ottengono risultati positivi ma al contrario opposti a quelli prefissati, violando equilibri secolari che vanno difesi. Diversamente, rischiamo di ritrovarci altre volte a piangere vittime, frutto non della fatalità ma drammatica conseguenza di responsabilità umane. L'amara e indimenticabile esperienza del Vajont ce lo insegna ogni momento”. Un disastro che, in ogni momento, ci richiama “anzitutto, a esprimere il proprio dolore a quanti, vittime e sopravvissuti, ne sono stati colpiti”. Ma non ci si può “limitare al cordoglio… La Repubblica è in qualche modo responsabile di quanto avviene sul suo territorio, e quindi ha motivo di scusarsi con chi ha sofferto le conseguenze di disastri di questo genere”.

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