Matteo Salvini, nel caso Diciotti, agì nell'ambito delle prerogative di governo. Ne è convinto il presidente della Giunta per le elezioni e le immunità del Senato, Maurizio Gasparri, che ha presentato, come relatore, la sua proposta, proponendo il diniego all'autorizzazione a procedere nei confronti del ministro dell'Interno.
La relazione
Per Gasparri i fatti della Diciotti erano “parte di un tentativo strategico dell'Esecutivo di risolvere in maniera strutturale il problema dell'immigrazione irregolare“. La Giunta – ha osservato – “non può che limitarsi al riscontro delle finalità indicate dalla legge costituzionale, senza estendere la propria valutazione alla scelta dei mezzi per conseguirle“. L'autonomia della funzione di governo – è la tesi – presuppone anche autonomia nella “scelta dei mezzi e non solo quindi dei fini da perseguire“. Il presidente della Giunta ha anche accolto la richiesta dell'ex presidente del Senato Pietro Grasso di rinviare ai magistrati di Catania i documenti del premier Conte e dei ministri Di Maio e Toninelli che Salvini ha allegato alla sua memoria difensiva. La relazione sarà ora oggetto di discussione in Giunta.
Reazione
La relazione di Gasparri, secondo il senatore del Movimento 5 Stelle Mario Giarrusso “è ampia e documentata e ora con i membri della Giunta, con Luigi Di Maio e il Movimento la esamineremo”. Quale sarà dunque la posizione del partito? “Non verremo meno ai nostri ideali” ha chiosato. Ma per l'ex M5s Gregorio De Falco, la relazione “è molto pericolosa” perché “non si può far coincidere il governo con lo Stato”. Per De Falco “è un criterio molto elastico, forse troppo. Temo che ci si possa far rientrare praticamente tutto e il contrario di tutto. Avrebbe detto qualcuno 'troppo incerto e fluido'. Affermare questo tipo di criterio significa far coincidere il governo con lo Stato. C'è già passato qualcuno negli anni passati…”. Polemico il capogruppo Pd in Giunta, Domenico Bonifazi. “Dopo i lavori della Giunta per le Immunità, dopo la relazione di Gasparri – ha twittato – alla fine la colpa sembra non essere di Salvini ma del povero Giuseppe Conte, che da burattino diventa scudo umano