Una ferita ancora aperta”. In questi termini, a margine del vertice Ue-Lega araba, il premier Giuseppe Conte parla del caso di Giulio Regeni, il ricercatore italiano rapito e ucciso in Egitto il 3 febbraio 2016. Il presidente del Consiglio, in visita in Egitto, annuncia che nonostante “l'agenda sia molto serrata, troveremo un modo di confrontarci” con il presidente Abdel Fattah Al Sisi “e trasmetterò le premure del governo italiano e dell'Italia” sul caso Regeni. Non è certo se il colloquio si farà ma, qualora i due leader riuscissero a incontrarsi per un bilaterale, sembra certo che al centro del confronto possa esserci il caso del giovane italiano.
Conte: “Italia sempre aperta al dialogo”
Nel frattempo, il premier ha parlato anche della Libia e del “ruolo strategico dell'Italia” nella situazione del Paese nordafricano, spiegando che sono necessari “degli sforzi volti a prevenire una escalation di violenza o un conflitto civile, che sono sempre dietro l'angolo”. Conte ha inoltre spiegato che “tutti devono rinunciare a qualcosa, abbiamo una road map e auspico che la conferenza internazionale” promossa dall'Onu “si possa realizzare”. In Egitto, il premier ha avuto modo di incontrarsi con il collega Fayez al-Serraj, affermando di augurarsi che “presto possa avere un aggiornamento anche con il generale Haftar”. L'Italia, ha spiegato il presidente del Consiglio, “è al centro del Mediterraneo ed è sempre a favore del dialogo e ha favorito molto l'organizzazione di questo primo summit che spero possa essere una tappa storica per un partenariato strategico. E sul tema della sicurezza: “Oggi la minaccia di Daesh è più liquida” ma, spiega, non va sottovalutato il tema dei “molti foreign fighters” che potrebbero tornare in Europa.
Patrimoniale
Sul fronte interno, Conte ha risposto ai cronisti parlando della patrimoniale, ribadendo di ritenerla “assolutamente esclusa”, di fatto smentendo le parole del candidato alla segreteria del Partito democratico, Maurizio Martina, il quale aveva dichiarato che “Lega e Cinque stelle preparano la patrimoniale perché la loro politica economica sta fallendo miseramente. Il crollo del 7% della produzione industriale e i 122mila posti di lavoro in meno dal maggio scorso sono un'amara verità del disastro di Salvini e Di Maio”.