Ha avuto il vago sentore di un talent contest il dibattito, tenutosi ieri alla Southern University, che ha avuto per protagonisti i dieci candidati qualificati al terzo round che condurrà primarie democratiche. Tutti hanno dismesso i panni della competizione e, in nome dell'unità del partito, si sono scagliati contro il presidente degli Stati Uniti, il repubblicano Donald Trump.
Gap generazionale
Il messaggio antagonista è stato lanciato all'apertura dello “show” con Julian Castro, ex-segretario all'urbanstica sotto l'amministrazione Obama, che ha detto: “C'è vita dopo Donald Trump”. Lo stesso Castro ha, poi, sottolineato il gap generazionale: elemento divisivo in seno allo stesso schieramento democratico. Forse, in maniera implicita, il democratico voleva attaccare il senatore 77enne Joe Biden, per ora il favorito dem alle presidenziali del 2020. E lo fa con un colpo basso, alludendo a problemi di memoria dovuti all'età: “Ti contraddici, ti sei dimenticato cosa hai detto un minuto fa” ha detto Castro, rivolgendosi a Biden suscitando le reazioni offese dei suoi colleghi. Meno favoriti, ma altrettanto combattivi, i giovani dem: Beto O'Rourke, Andrew Yang, Kamala Harris, Corey Booker e Julian Castro, appunto.
I temi del dibattito
Fra i temi lambiti dal dibattito, durato oltre tre ore ci sono il diritto allo studio, la giustizia e l'immigrazione. Al centro delle critiche, la sanità americana, controverso tema anche per parte dem. I candidati non hanno mancato di strizzare l'occhio all'agenda verde, manifestando l'impegno per i cambiamenti climatici. Un lungo applauso ha suggellato la dichiarazione della candidata Pete Buttigieg che ha detto: “Tutti quelli che sostengono un razzista sono razzisti”. Ora, però, il tempo delle parole è finito. E tra slogan più o meno popolari, saranno gli elettori a decidere chi sarà il prossimo candidato anti-Trump.