Dopo l'annuncio dello scorso 4 dicembre, il ritiro degli Stati Uniti dal Trattato Inf, quello per il controllo degli armamenti nucleari sottoscritto da Ronald Reagan con Mikhail Gorbaciov nel 1987, sembra sempre più prossimo. La firma di quel trattato, noto come Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty, segnò di fatto un punto di svolta nell'ambito della Guerra fredda, scongiurando il pericolo percepito per la presenza sul territorio europeo dei cosiddetti “Euromissili”, le testate a lungo raggio installate da Usa e Urss. All'epoca fu un passo importante ma, ora come ora, per il presidente degli Stati Uniti Donald Trump si tratta non tanto di un accordo superato, quanto di un'intesa non più rispettata da Mosca che, a sua volta, aveva fermamente respinto tali accuse riservando, di rimando, un ammonimento a Washington sulla possibilità di una nuova escalation nucleare.
Lo stop Usa
Lo stesso Trump, in autunno, aveva dato l'aut aut parlando del 2 febbraio come data ultima prima della messa in soffitta dello storico accordo firmato da quel presidente con il quale si era susseguita persino qualche ipotesi di analogia. In teoria, pur se verrà decretato nei primi di febbraio, lo stop definitivo all'accordo dovrebbe decorrere dopo sei mesi il che, in sostanza, è visto dagli analisti come una sorta di periodo franco durante il quale le due parti potrebbero decidere di sedersi nuovamente al tavolo delle trattative e riuscire a centrare quello che non era stato centrato a Pechino, ovvero trovare un accordo per far sì che il Trattato Inf possa proseguire.
La versione Nato
Sulla questione, nel mese di dicembre, era intervenuto il segretario di Stato americano, Mike Pompeo: “Quando è stato firmato, il trattato rappresentava lo sforzo compiuto in buona fede da due Paesi rivali per ridurre la minaccia di una guerra nucleare ma oggi ci troviamo davanti agli imbrogli della Russia… Deve ammettere le proprie violazioni. Hanno cominciato a testare il missile SSC-8 sin dalla metà degli anni 2000. Siamo stati estremamente pazienti e ci siamo sforzati per convincere la Russia a rispettare i termini dell’accordo”. Dichiarazione seguita a stretto giro da una nota congiunta della Nato, con la quale era stata assunta una posizione piuttosto netta in favore di quella statunitense: “La Russia ha sviluppato e messo in funzione un sistema missilistico, 9M729, che viola il trattato Inf. Sosteniamo fortemente l’analisi degli Usa secondo cui la Russia sta seriamente venendo meno ai suoi obblighi”. Ora, ammesso che nelle prossime ore Washington proceda con la mossa decisiva, la partita vera si giocherà da qui ai prossimi sei mesi per capire quanto e cosa possa ancora essere salvato.