I lavoratori stranieri immigrati in Qatar non avranno più bisogno del permesso del datore di lavoro per lasciare il Paese del Golfo Persico. Una nuova legge, entrata in vigore ieri, pone, infatti, fine al controversa sistema basato sulla kafala, istituto del diritto islamico che indica la “tutela” di un determinato soggetto giuridico.
La riforma
Il sistema era stato da sempre criticato dalle organizzazioni umanitarie e paragonato a una moderna forma di schiavitù. La decisione di abolire la legge quindi rappresenta una delle più grandi riforme nel mercato del lavoro del Qatar che, nel 2022, ospiterà i campionati mondiali di calcio. In previsione dell'evento sportivo, il regno del Qatar ha attirato numerosa manodopera straniera, proveniente dal sud-est asiatico (Nepal, Bangladesh, India) per realizzare i progetti infrastrutturali.
La consuetudine
La kafala è diffusa in molti Paesi musulmani: Libano, Bahrein, Giordania, Iraq, Kuwait, Oman, Arabia Saudita ed Emirati arabi. Secondo questo sistema, i lavoratori stranieri devono avere uno “sponsor” (kafeel) locale, che di solito è il datore di lavoro. Questo anticipa le spese per il permesso di lavoro, paga l'assicurazione medica ed è anche responsabile del visto e dello status giuridico; ma spesso queste spese vengono poi semplicemente scalate dallo stipendio degli impiegati. Il paradosso è nel fatto che la kafala non è una legge, ma una tradizione che sembra però avere precedenza rispetto alle legislazioni nazionali sul lavoro; questo dà adito a massicci abusi dei diritti dei dipendenti. La consuetudine restringe la mobilità dei lavoratori, i quali sono obbligati a ottenere il permesso degli sponsor per lasciare il Paese. Se il kafeel non acconsente, gli impiegati non possono lasciare la propria occupazione per una migliore, per esempio. I dipendenti possono essere anche vittima di ricatti da parte degli sponsor, in grado di deciderne anche l'espulsione dal Paese; trovarsi in una situazione così precaria, costringe queste persone ad accettare qualsiasi condizione di lavoro. Gli sponsor usano anche confiscare passaporti e documenti di identità dei dipendenti stranieri, cosa che, in molti casi, ha portato a situazioni di lavoro forzato. In queste condizioni, sono in molti che lavorano più ore di quelle fissate dalla legge, senza pagamento di straordinari o ferie. Le donne, inoltre, spesso denunciano episodi di molestie.