La Corea del Sud non avrà armi nucleari. Questo, almeno, quanto dichiarato dal presidente della parte meridionale della Penisola, Moon Jae-in, nel suo secondo discorso alla nazione, durante il quale è emersa ancora una volta la linea pacifista adottata dal governo sudcoreano nei confronti della crisi atomica del Nord: “In linea con la dichiarazione sulla denuclearizzazione firmata congiuntamente da Sud e Nord – ha detto il presidente -, nessuna pressione dalla Corea del Nord per diventare una potenza nucleare può essere tollerata o accettata. Anche noi non svilupperemo o deterremo armi nucleari”. Dichiarazioni emblematiche che, almeno per il momento e nonstante le pressioni dell'opposizione, chiudono a una possibile accettazione, da parte di Seul, delle vociferate armi atomiche tattiche forinte dagli Usa come deterrente nei confronti della corsa alla bomba di Pyongyang.
La strada pacifista di Moon
Insomma, durante il suo discorso Moon non ha solo ribadito la linea 'dialogante' ricercata dal Sud nei confronti di Kim, ma anche rinnovato ai vicini i propri suggerimenti a non perseguire la via dell'atomica, per ottemperare agli accordi del '92 ma anche per la sicurezza dell'intera regione. E' rimbalzata soltanto ieri, in Europa, la notizia del crollo di uno dei tunnel sotterranei del sito nucleare del Punggye-ri, nella parte settentrionale della Corea del Nord, avvenuto il 10 ottobre scorso e responsabile di almeno 200 morti. Un rischio, quello del collasso della struttura-bunker, che era stato a più riprese palesato dagli esperti dopo il test atomico del 3 settembre scorso il quale, sviluppando una potenza di 150 chiltoni, aveva provocato due sismi a brevissima distanza temporale che, inevitabilmente, avevano danneggiato la tenuta dei laboratori sotterranei. Un incidente che, evidentemente, è stato impugnato da Seul per rinnovare l'invito a Kim e al suo regime a desistere dalla nuclearizzazione del Paese e a scegliere la strada della diplomazia.
La crisi nucleare e il viaggio di Trump
Una linea, quella presidenziale, che ha incontrato il dissenso di parte dell'opposizione, ferma nel chiedere a Moon di accondiscendere alla proposta americana di dotarsi di alcune testate nucleari come deterrenza verso i vicini. Su questo punto, però, il presidente è stato fin troppo chiaro, dichiarando che la Corea del Sud si atterrà in tutto e per tutto agli accordi stipulati “nella dichiarazione congiunta sulla denuclearizzazione della penisola coreana, sottoscritta da entrambe le Coree nel 1992″. Un impegno non da poco, anche in vista dell'imminente visita del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, pronto a volare in Asia il prossimo 3 novembre. Un tour organizzato certamente con l'obiettivo di risolvere il nodo nordcoreano ma anche per capire meglio lo scenario geo-politico in continuo sviluppo dall'altra parte del globo: nell'itinerario del Tycoon ci saranno infatti anche il Giappone (Paese alleato direttamente interessato alla risoluzione della crisi nucleare della Nord Corea) e la Cina, altro gigante asiatico in forte ascesa. Sarà certamente interessante capire cosa uscirà fuori dall'incontro fra Trump e Xi Jinping: da qui, probabilmente, si capirà qualcosa in più anche sul futuro di Pyongyang.