Con gli 11 morti di ieri sale ad almeno 100 vittime il bilancio di un mese e mezzo di manifestazioni in Nicaragua contro il presidente Daniel Ortega.
Bilancio
Nel suo ultimo bilancio della grave crisi politica, il Centro nicaraguense dei diritti umani (Cenidh) ha tenuto conto delle vittime degli ultimi scontri di mercoledì e giovedì a Managua, la capitale, Leon, seconda città del Paese, e Masaya. Il Cenidh ha precisato che nei due ultimi giorni di violenze 16 persone sono state uccise a colpi d'arma da fuoco e altre 79 sono state ferite nelle tre località. La polizia ha invece confermato 15 morti e 200 feriti.
Le violenze
Per la Cenidh, i responsabili della violenta repressione sono sicari al soldo del governo, definiti “aggressori“. Ortega accusa invece l'opposizione di cospirazione: “Non esistono gruppi o paramilitari vicini al governo. Non possiamo accettare di essere accusati di fatti così tragici e dolorosi che non abbiamo provocato e che non provocheremo mai”.
Solo
Nelle ultime proteste sono state attaccate e pesantemente danneggiate le sedi della radio governativa Radio Ya e dell'emittente televisiva indipendente 100% Noticias. Da Ortega, sempre più contestato e isolato, hanno preso le distanze anche gli imprenditori, un tempo suoi alleati tradizionali. Due giorni fa la principale organizzazione degli imprenditori nicaraguensi, la Cosep, ha chiesto a Ortega le “dimissioni immediate“. Carlos Pellas, alla guida del principale gruppo d'affari nicaraguense, auspica elezioni presidenziali anticipate, ma Ortega si aggrappa al potere.